domenica 11 aprile 2010

Il Medio Oriente e la guerra totale

Quando nel giugno del 1941, la Germania attaccò alla Russia, la Gran Bretagna stava rafforzando le sue posizioni in Iraq, Siria e Libano. Nell'aprile del 1941 aveva istituito un organo di coordinamento incaricato di ripartire le importazioni ricevute dalla madrepatria dei diversi paesi del medio oriente. Nel 1944 anche di Stati Uniti parteciparono alla direzione di quest'organo che dominò praticamente la vita economica di tutto il Medioriente. Durante la guerra ci si sforzò di evitare ogni rivalità esistente fra gli alleati in questa regione vitale. L'esempio più interessante di collaborazione senza dubbio la questione dell'Iran.

L'occupazione dell'Iran

prima della guerra e del suo inizio, l'Iran era governato in modo dittatoriale dallo Scià Rehza Pahlevi, si stava aprendo sempre di più verso l'influenza tedesca. L'importanza della Germania nel commercio estero iraniano era enorme: imprese tedesche avevano costruito ferrovie e diverse fabbriche, comprese alcune fabbriche di armamenti. L'Inghilterra, che aveva grandi interessi nello sfruttamento petrolifero della zona, era gravemente minacciata da questa preponderanza tedesca. Quando la Germania attaccò l'unione sovietica, si pose subito il problema delle forniture di materiale allarmata rossa. L'Iran era una delle possibili vie di passaggio e per questo era importante garantire la sicurezza di questo paese a tutti i costi.

I governi russo e britannico cominciarono di comune accordo nell'agosto del 1941 con il reclamare al governo iraniano l'espulsione dei cittadini tedeschi. Ma il governo iraniano rifiutò con il pretesto della neutralità. Agendo di concerto, le due potenze inviarono delle truppe che alla fine dell'agosto del 1941 invasero l'Iran, senza praticamente incontrare alcuna resistenza. Diplomatici inglesi sovietici consegnarono al primo ministro iraniano delle note nelle quali dichiaravano la loro intenzione di obbligare il governo iraniano ad accettare le loro richieste in materia di trattamento dei cittadini tedeschi.affermavano comunque di non avere alcuna intenzione di attentare all'integrità territoriale dell'Iran. Il primo ministro rassegnò le dimissioni e il suo successore ordinò all'esercito di cessare qualsiasi resistenza. Così alla fine di agosto delle nuove note alleate precisarono quali sarebbero state le zone di occupazione. Gli alleati chiesero inoltre facilitazioni per il trasporto di materiale bellico. Si giunse così al 31 agosto con la consegna dei cittadini tedeschi alle autorità britanniche. Alcuni di essi riuscirono a nascondersi e organizzare una rete di resistenza. Il governo iraniano, comunque, pretese dagli alleati di avere il minor contatto possibile con lo popolazione e di percepire ogni un indennizzo per le perdite subite in seguito le operazioni militari. Gli alleati diedero parziale soddisfazione a queste richieste.

Ci si chiese se questa nuova situazione era compatibile con il mantenimento al trono dello Scià, inizialmente favorevole alla Germania. Quest'ultimo pensò di poter conservare il potere, chiedendo alla fine di agosto i buoni uffici del presidente Roosevelt per i negoziati fra l'Iran e le potenze occupanti. Roosevelt rispose in tono amichevole, facendogli ritenere la sua posizione solida. Ma una violenta propaganda inglese russa diretta contro di lui, lo portarono all'abdicazione a metà settembre in favore di suo figlio, che fu proclamato Scià.

Il nuovo governo fece buon viso a cattivo gioco e cercò da un lato di dare al paese un regime relativamente democratico, dall'altro di aiutare le potenze occupanti, divenendone un loro alleato. Questa politica portò ad un trattato di alleanza nel gennaio del 1942 fra Iran, Urss e regno unito. Gli ultimi due si impegnarono alla difesa dell'Iran contro ogni aggressione promettendo di ritirare le loro forze dal territorio iraniano entro sei mesi dalla fine delle ostilità. In cambio l'Iran avrebbe cooperato con gli alleati, ricevendo garanzie che l'amministrazione del paese non sarebbe stata modificata. Nel settembre del 1943 l'Iran dichiarò guerra alla Germania, ma si trattava di una manifestazione del tutto platonica.

In effetti l'Iran si trovava in una situazione di inferiorità e l'opinione pubblica sopportava con molta amarezza questa umiliazione. Così quando le tre grandi potenze scelsero Teheran come sede del loro primo incontro (novembre 1943), il governo iraniano non fu consultato preventivamente ed apprese la venuta di Churchill, Roosevelt e Stalin solo dopo l'inizio della conferenza. Quest'ultima però si occupò anche un po' degli affari iraniani, sebbene in assenza di un qualsiasi rappresentante governativo.

Il 1 dicembre del 1943 i tre grandi firmarono una dichiarazione sull'Iran, riconoscendo l'assistenza data da quel paese contro il nemico comune. Si impegnavano a continuare il loro aiuto economico a questo paese e riaffermava nel loro desiderio di mantenere l'indipendenza e la sovranità dell'Iran, auspicando la sua adesione ai principi della carta atlantica.

Gli inizi della rivalità tra gli alleati in Iran

Tuttavia dopo la conferenza di Teheran, l'unione sovietica fece un grande sforzo per estendere la propria influenza nell'Iran settentrionale, contrariamente alle dichiarazioni precedentemente fatte. L'occupazione del nord dell'Iran da parte dei sovietici fu accompagnata da un vasto sforzo di propaganda e da numerosi interventi politici. Esisteva per Anna una censura anglo-russo-iraniana creata nel gennaio del 1942, nella quale ciascuno dei partecipanti aveva il diritto di porre il proprio veto sulla pubblicazione di informazioni provenienti da fonti private. Ma l'agenzia TASS era considerata un organo statale, mentre al contrario tutte le altre agenzie occidentali erano private. Per cui i corrispondenti della stampa alleata non potevano recarsi nelle zone occupate dai russi. A partire dal 1944 si sviluppò una tensione fra sovietici e inglesi e americani. Il partito filo-comunista iraniano era apertamente sostenuto dalle autorità sovietiche di occupazione, che godevano peraltro di ottimi rapporti con il primo ministro.

La crisi diventò seria alla fine del 1944 a proposito del problema del petrolio, in relazione alle concessioni petrolifere del paese. Infatti, iniziò un vero e proprio braccio di ferro fra l'unione sovietica da un lato che pretendeva nuove concessioni e inglesi americani dall'altro, che difendevano invece quelle già acquisite. Il governo iraniano finì, in definitiva, per respingere tutte le richieste di nuove concessioni, suscitando le vivaci proteste sovietiche. In conseguenza di ciò, il partito comunista iraniano organizzò nel novembre del 1944 delle violente manifestazioni di massa. Ma il capo della minoranza non comunista del parlamento iraniano propose una legge che, approvata il 2 dicembre, stabiliva che nessun ministro avrebbe potuto trattare per una concessione petrolifera. Iniziò così un periodo di estrema tensione, che continuò anche dopo la fine della guerra.

La Palestina

Il resto del medio oriente, sottoposto per intero controllo britannico, conobbe durante gli anni che vanno dal 1941 al 1944 una relativa calma. In Palestina gli ebrei, per sostenere la lotta degli inglesi contro i nazisti, cessarono temporaneamente di lottare contro la politica dell'Inghilterra. Solo alcuni irriducibili rifiutarono qualsiasi compromesso e fondarono, poco dopo l'inizio della guerra, il Gruppo Stern, il cui scopo era di cacciare gli inglesi dalla Palestina. Tuttavia il fondatore di questo gruppo estremista fu ucciso nel 1941 dalla polizia inglese, ma il suo gruppo continuò funzionare. Nel novembre del 1944, il gruppo Stern si rese autore dell'omicidio di un ministro di Stato britannico al Cairo. Il gran Muftì di Gerusalemme era compromesso: cercò quindi di scappare e da lontano, tentò di organizzare una resistenza anti-inglese.

L’Egitto

In Egitto si ebbe un solo momento critico all'inizio del 1942, quando le truppe di Rommel minacciavano il paese. In queste circostanze gli inglesi sostituirono il primo ministro pascià, ritenuto troppo vicino alla Germania con una persona più favorevole ai britannici. Per ottenere ciò fecero pressione sul re Faruk inviando dei carri armati fin nel cortile del suo palazzo. Dopo due giorni di resistenza il re dovette cedere, non senza amarezza. Il primo ministro fu sostituito con un uomo politico molto più vicino agli inglesi. Egli ottenne dall'ambasciatore britannico però una dichiarazione con il quale il governo britannico si impegnava trattare l'Egitto come una nazione indipendente. Il nuovo ministro pascià si mostrò molto indipendente nei confronti dei britannici durante tutta la guerra: seguitò inoltre a reclamare l'ammissione dell'Egitto tre firmatari dei trattati di pace e invoco la revisione del trattato firmato con inglesi nel 1936, in modo che la zona del Canale di Suez fosse evacuata dai britannici e il Sudan anglo-egiziano incorporato dall'Egitto.

Siria e Libano

Nel giugno del 1941 il generale Catroux aveva annunciato la fine del regime dei mandati sulla Siria sul Libano. In seguito a ciò nel settembre del 1941 era stata proclamata l'indipendenza della Siria e in novembre quella del Libano. Il trattato che avrebbe definito i rapporti franco-libanesi, da definire successivamente alla proclamazione d'indipendenza, nelle speranze del generale de Gaulle avrebbe dovuto garantire alla Francia vantaggi paragonabili a quelli che l'Inghilterra godeva in Iraq e in Egitto. Tuttavia la scarsezza dei rifornimenti verso il paese alimentava il malcontento popolare, e inoltre le autorità francesi libere non si affrettarono a trasferire i loro poteri ai due nuovi stati. Solo nel 1943 ebbero luogo nei due paesi delle elezioni, dove i nazionalisti non farlo largamente.

Fu allora che iniziò una crisi breve, ma grave per l'avvenire dell'influenza francese in questa zona. Nel novembre del 1943, nonostante l'opposizione del delegato francese, il Parlamento libanese adottò una riforma della costituzione che sopprimeva gli articoli che mantenevano alla Francia una posizione privilegiata. Il governatore francese reagire brutalmente sospendendo la costituzione e facendo arrestare il presidente del consiglio libanese e i ministri, sciogliendo il Parlamento imponendo la legge marziale.

Scoppiarono però dei disordini a Beirut e in altre città, scatenando le proteste del resto del mondo arabo. Inglesi americani pretesero dal comitato francese di liberazione nazionale che queste misure fossero revocate. Fu inviato in novembre il generale Catroux a Beirut. In seguito a ciò il presidente libanese e i suoi ministri furono liberati e il parlamento ristabilito.

Si concluse la vicenda con un accordo nel dicembre del 1943, firmato dal generale Catroux dai governi di Siria e Libano, che stabiliva il trasferimento dei poteri esercitati dalle autorità francese a partire dal 1 gennaio del 1944.

Il Crollo dell’Italia

{{BArch-description |comment= * {{it|Benito Mu...

Image via Wikipedia

La sconfitta italiana

Parallelamente agli inizi del risollevamento francese, si assistette alla fine dell'Italia di Mussolini.

Egli aveva gettato il suo paese in un conflitto nonostante l'avversione dell'opinione pubblica. Avrebbe potuto forse convincere quest'ultima con delle vittorie. Ma invece di Italia, quando si era abbattuta senza l'aiuto della Germania, in Libia, in Grecia o in Etiopia, aveva subito gravi disfatte.

L'Italia inoltre dipendeva fortemente dall'importazione di materie prime dalla Germania, e questa almeno a partire dall'autunno del 1941 destinava all'Italia pochi contingenti. La Germania intanto pensava ad un piano per l'occupazione dell'Italia, che prevedeva la soppressione di re Vittorio Emanuele III. Malgrado il parere sfavorevole dei suoi generali, Mussolini inviò sul fronte russo molte truppe.

Alla fine dell'aprile del 1942, Hitler e Mussolini si incontrarono vicino Salisburgo per preparare un attacco su Malta, idea che poi fu abbandonata in giugno. In quel tempo, Mussolini era scoraggiato e l'antifascismo in Italia si stava largamente diffondendo.

In quell'atmosfera, l'offensiva del generale Montgomery e l'occupazione alleata dell'Africa del Nord produssero un effetto disastroso sul morale italiano. Il 30 gennaio del 1943, Mussolini sostituì il capo di stato maggiore generale, decisamente filo-tedesco, con il generale Ambrosio; all'inizio di febbraio allontanò suo genero il conte Ciano dal ministero degli esteri. All'inizio del maggio 1943, durante la battaglia di Tunisia, Hitler e Mussolini si incontrarono ancora una volta a Salisburgo. Ma questa riunione fu un fiasco. Mussolini era cosciente che l'asse Italia-Germania si era rotto.

Gli italiani tirano fuori l'idea che occorreva assolutamente fare la pace con i russi. Durante l'incontro, il 7 maggio Tunisi era caduta in mano agli alleati. Era anche l'inizio della disfatte italiana, che precipitò. Il 10 luglio infine, gli alleati sbarcarono in Sicilia, dove la resistenza crollò rapidamente.

Le dimissioni di Mussolini

Il 19 luglio ebbe luogo a Feltre un nuovo incontro fra Hitler e Mussolini. Il generale Ambrosio chiese invano a Mussolini di spiegare di Hitler che l'Italia aveva bisogno di fare la pace. Il silenzio del duce convinse Ambrosio che Mussolini doveva essere allontanato dalla guida del governo. Anche il re era deciso a congedare Mussolini.

Al ritorno da Feltre Mussolini accettò di riunire, per la prima volta dopo il dicembre del 1939, il Gran Consiglio del fascismo. La riunione ebbe luogo il 24 luglio e dopo una notte serrata di dibattito, Mussolini cercò senza convinzione di difendere la politica di alleanza con la Germania. Ma la maggioranza dei membri del Consiglio votarono una risoluzione contraria Mussolini.

Nel pomeriggio del 25 luglio, il re convocò Mussolini e il annunciò che affidava il potere al maresciallo Badoglio. All'uscita del palazzo reale, Mussolini fu arrestato. Era un vero e proprio colpo di Stato.

I negoziati di armistizio

Badoglio costituì un gabinetto tecnico e dichiarò con grande malcontento della popolazione che l'Italia avrebbe continuato La guerra. In realtà egli voleva far uscire l'Italia dal conflitto e, al tempo stesso, voleva evitare la reazione tedesca.

Sperava di mitigare le clausole della capitolazione, promettendo agli alleati un rovesciamento di posizione e la partecipazione alla lotta contro la Germania. Da parte alleata ci si interrogava per sapere se si dovesse accettare di negoziare con un governo diretto da uno dei protagonisti del regime fascista e dal re Vittorio Emanuele.

C'era una certa resistenza in proposito negli Stati Uniti, ma il segretario di Stato Cordell Hull, accettava Badoglio come interlocutore. Roosevelt seguì quindi questa linea. D'altra parte Churchill era desideroso di veder mantenuto in Italia un governo monarchico.

Le prime aperture italiane furono fatte il 4 agosto a Lisbona dal marchese Lanza d'Ajeta. Questi intendeva spiegare agli alleati che l'Italia desiderava la pace, ma doveva fingere di continuare la guerra. A questo scopo il generale Ambrosio incontrò Von Ribbentrop e Keitel il 6 agosto. Ma quest'ultimo rifiutò di ammettere il rimpatrio delle truppe italiane dalla Francia e dalla Croazia. Inoltre, nonostante l'opposizione degli italiani, i tedeschi fecero entrare numerose truppe nell'Italia del nord. Nonostante le lamentele, gli italiani affermarono che l'Italia era risoluta a continuare la guerra.

Il 5 agosto un diplomatico italiano a Tangeri, aprì i negoziati di armistizio propriamente detti. Inglesi e americani si misero d'accordo per esigere una capitolazione senza condizioni, lasciando intendere che una volta firmata, le condizioni sarebbero state meno dure, quanto più l'Italia avesse collaborato alla lotta contro i tedeschi.

Il 15 agosto il capo dello Stato maggiore del generale Ambrosio si recò a Madrid come plenipotenziario e incontrò l'ambasciatore britannico. Roosevelt e Churchill inviarono allora due negoziatori. Questi avevano redatto un testo di armistizio breve e senza condizioni, ma promettevano di dare o ogni appoggio alle forze italiane che si fossero battute contro la Germania. Un altro testo più dettagliato, l'armistizio lungo, veniva contemporaneamente preparato dei due governi.

Il 19 agosto i due emissari alleati incontrarono Castellano, che partì per Roma con le clausole militari della capitolazione. Un altro emissario italiano si recò la settimana successiva a Lisbona per chiedere l'invio di una divisione aerotrasportata alleata nei dintorni di Roma.

Infine il 31 agosto gli alleati diedero tempo fino alla mezzanotte del 1 settembre per accettare l'armistizio e Eisenhower promise l'invio di una divisione aerotrasportata a Roma. Castellarano si recò a Roma per consultare il suo governo e tornò il 3 settembre a firmare l'armistizio nei pressi di Siracusa.

Il giorno stesso, all'alba, l'ottava armata britannica sbarca la nell'Italia continentale. L'armistizio non doveva essere annunciato che l'8 settembre, dopo l'arrivo della divisione aerotrasportata vicino a Roma. Ma nello stesso giorno i tedeschi si impossessarono degli aeroporti della zona romana; Eisenhower decise di annullare l'operazione e rifiutò di rinviare l'annuncio dell'armistizio che fu dato ugualmente. I tedeschi allora investirono Roma, dalla quale fuggirono il governo Badoglio e la famiglia reale, che arrivarono a Brindisi il 10 settembre. La resistenza italiana ai tedeschi nei dintorni di Roma cessò l'11 settembre e le truppe tedesche continuarono la loro avanzata verso l'Italia meridionale.

La reazione tedesca

il 25 luglio uno dei membri della Gran Consiglio del fascismo, Farinacci fuggì da Roma per recarsi da Hitler, che era addolorato per la caduta di Mussolini, che considerava suo modello e maestro. Decise di ristabilire il regime fascista in Italia e le truppe tedesche affluirono attraverso il Brennero. Il 10 settembre Hitler pronunciò un discorso in cui si lamentò del tradimento italiano, ma fece un elogio di Mussolini, che il 12 fu liberato nella Gran Sasso negli Abruzzi e condotto in Germania. Il 15 settembre Mussolini dichiarò che riprendeva la direzione del fascismo italiano e pochi giorni dopo creò la Repubblica sociale italiana, in cui al centro era La cittadina di Salò sul lago di Garda. Il potere effettivo della nuova Repubblica fu affidato a fascisti fanatici.

D'altra parte Hitler approfittò del crollo italiano per annettere alla Germania Trieste e gli stia, oltre al Tirolo del sud, il Trentino e il bellunese. L'Italia doveva ugualmente abbandonare anche la Dalmazia in favore della Croazia e rinunciare a tutte le sue pretese sulla Francia.

Hitler pretese anche una punizione esemplare per il votanti della mozione che aveva messo in minoranza nel gran consiglio Mussolini, che dovette far arrestare suo genero. Questi l'11 gennaio fu condannato a morte e fucilato, insieme ad altri dissidenti del consiglio.

Le truppe alleate entrarono a Roma il 4 giugno del 1944, 2 giorni prima dello sbarco in Normandia.

Mussolini nell'aprile del 1945 venne catturato dai partigiani e fucilato vicino al Lago di Como il 28 aprile.

Reblog this post [with Zemanta]

Gli inizi del risollevamento francese

 

Il 1941 era stato caratterizzato dai clamorosi successi della Germania. La prima metà del 1942 vide invece il Giappone riportare molte vittorie. All'inizio dell'autunno del 1942 i tedeschi combattevano a Stalingrado e alle frontiere dell'Egitto. I giapponesi invece occupavano una vasta zona dei mari del sud e solo con la battaglia del Mar dei Coralli (primi di maggio del 1942) si era impedita l'invasione dell'Australia.

Tuttavia sembra che si sia arrivati ad una svolta nelle operazioni militari e quest'evoluzione si va caratterizzando con importanti cambiamenti politici. Si assiste nei mesi successivi all'autunno del 1942 alla riapparizione della Francia, all'attacco britannico ad El-Alamein (ottobre 1942), ha lo sbarco anglo-americano in Africa del Nord (novembre 1942), all'ingresso nella lotta dell'impero coloniale francese e al crollo dell'Italia di Mussolini.

Preparativi politici che lo sbarco alleato in Africa

Il desiderio di sollevare l'Africa francese contro Germania era molto vivo presso gli anglosassoni, tra i Francesi liberi e tra i movimenti di resistenza dell'Africa del Nord. Sin dalla conferenza di Arcadia (Washington) del 22 dicembre 1941 Roosevelt e Churchill cominciarono a discutere di un possibile sbarco in Africa del Nord. Si trattava di sapere quale autorità francese avrebbe potuto sollevare contro la Germania le truppe francesi in quella zona.

Gli americani si erano sforzarsi invano di ottenere l'adesione del generale Weygand, comandante in capo delle truppe francesi nei tre paesi dell'Africa del Nord. Dopo di che il generale era stato richiamato, sotto la pressione dei tedeschi.

Il governo americano cercò nuovamente di convincerlo ad assumere il comando di una insurrezione, ma Weygand rifiutò in modo assoluto disubbidire al maresciallo Pétain. Quest'ultimo si limitava ad affermare che le truppe francesi d'Africa avrebbero resistito a qualsiasi invasione da parte degli anglosassoni, delle truppe del generale de Gaulle e della Germania.

Si sarebbe potuto chiedere al generale de Gaulle di farsi carico di quest'insurrezione, ma i alleati ritenevano che questo fosse impossibile. Pensavano che i Francesi liberi fossero impopolari in Africa del Nord e che fossero stati associati, nella mente dei coloni e degli arabi, agli inglesi, il cui atteggiamento a Mers-el-Kebir non era stato dimenticato. In larga maggioranza, il colpo gli ufficiali francesi, pur essendo ostile ai tedeschi e desideroso di riprendere un giorno la lotta contro di loro, era fedele al maresciallo Pétain e invece ostile al generale de Gaulle.

La questione di Saint Pierre e Miquelon

Un incidente, de il vero estremamente limitato, ma irritante del governo americano, aveva accresciuto la tensione fra quest'ultimo e il generale de Gaulle. Nel dicembre del 1941, proprio durante la conferenza di Washington, le forze navali francese libere sbarcarono nelle isole di Saint Pierre e Miquelon, al largo di Terranova, che dipendevano dal governo di Vichy: su queste isole era presente un'emittente radio, il governo canadese aveva proposto di organizzare una spedizione per distruggerla. Il generale de Gaulle l'aveva preteso che i Francesi liberi fossero incaricati dell'operazione, ma il presidente Roosevelt vi si era opposto a causa di un accordo che stava concludendo con l'ammiraglio Robert e che prevedeva il mantenimento dello status quo nei possedimenti francesi di America. Nonostante ciò, il generale de Gaulle si assunse la responsabilità di un'operazione più ampia, che avrebbe soppresso la sovranità di Vichy su queste isole. I Francesi liberi furono accolti con entusiasmo e un plebiscito pro o contro l'operazione ottenne una schiacciante maggioranza.

L'opinione pubblica americana fu nel suo insieme soddisfatta, ma il governo di Vichy protestò e accusò il governo americano di doppiezza. Churchill, al contrario, accolse l'occupazione delle isole con soddisfazione.

In seguito a questo fatto, Cordell Hull estremamente irritato indirizzò a Roosevelt un memorandum nel quale suggeriva di far a meno per il futuro della cooperazione del generale de Gaulle soprattutto per i progetti dell'Africa del Nord. Da quel punto in poi gli Stati Uniti avrebbero mantenuto il loro atteggiamento ostile nei confronti del generale.

Negoziati con Giraud

Gli americani finirono per scegliere come eventuali capo dei Francesi d'Africa del Nord il generale Giraud, evaso nel frattempo dalla Germania.

Il generale Giraud aveva un piano ambizioso: usare l'esercito dell'armistizio per creare una testa di ponte sulla costa francese del Mediterraneo, in modo da permettere lo sbarco di importanti forze anglo americane; pensava ad uno sbarco alleato in Africa del Nord, ma come operazioni secondarie. Era necessario convincere Giraud a modificare il suo piano, tanto più che gli americani avevano già deciso che il comandante in capo dell'operazione sarebbe stata il generale Eisenhower.

Per risolvere questi problemi, fu organizzato un incontro segreto nell'ottobre del 1942 tre capi militari francesi e americani. Si decise che Murphy avrebbe indirizzato a Giraud tre lettere. Queste, una volta approvate dal generale francese, sarebbero divenute quello che è noto come "l'accordo Murphy-Giraud". La prima riguardava l'equipaggiamento delle forze francesi. La terza e escludeva preventivamente i Francesi liberi dall'operazione. La seconda, di carattere politico, era la più importante: garantiva la restaurazione della potenza francese, con tutti i suoi possedimenti territoriali di ante guerra, sia in Europa che oltremare, al termine della guerra. La Francia sarebbe stata alleata degli Stati Uniti, mentre il comando dell'operazione sarebbe stato americano finché la sicurezza dell'area dell'Africa del Nord non sarebbe stata assicurata.

Queste lettere furono recapitate al generale Giraud, il 5 novembre lasciò la Francia. Tuttavia perse parecchie ore a rivendicare il comando. Arrivò ad Algeri solo il 9 novembre, quando lo sbarco americano era già cominciato.

L'intermezzo Darlan

Come detto lo sbarco americano iniziò l'8 novembre. L'ammiraglio Darlan era ancora ad Algeri e sembrò inizialmente atterrito nell'apprendere la notizia. Inviò un messaggio via radio al maresciallo Pétain, che forse non ricevette. Il presidente Roosevelt inviò a sua volta un messaggio al maresciallo, che questa volta rispose protestando e diede ordine di resistere agli invasori. Vi fu una una resistenza solo sporadica in Algeria e soprattutto in Marocco. Dopo lunghi negoziati con Murphy, il generale Darlan, che non credeva più come nel 1941 alla vittoria tedesca, ordinò il cessate il fuoco (l'8 novembre alle 19:00).

Indirizzò messaggio Pétain, dal quale ricevette due risposte. La prima accettava il principio del cessate il fuoco e ordinava alla flotta di Tolone di prendere il mare. La seconda, probabilmente ispirata da Laval, condannava l'atteggiamento di Darlan e lo rimuoveva dall'incarico. Alla fine, il generale Darlan aderì alla tesi secondo il quale il maresciallo Pétain era prigioniero dei tedeschi e, non essendo più libero, doveva lui prendere il comando in Africa del nord. Con questo espediente, mostrava di voler mantenere all'interno il regime autoritario del governo di Vichy. Gli americani si rassegnarono a questa soluzione, così i rapporti fra le autorità americani e francesi furono regolati dagli accordi Darlan-Clark del 22 novembre, molto meno vantaggiosi per la Francia rispetto agli accordi originali Giraud-Murphy anteriori allo sbarco.

Questo voltafaccia di Darlan ebbe gravi conseguenze. Il 9 novembre Hitler convocò Laval a Monaco e lo stesso giorno decise di invadere la zona non occupata per mettere la costa francese del Mediterraneo in stato di difesa. Intimò a Laval di firmare un'alleanza con l'asse, ma questi rifiutò, promettendo però in cambio delle basi in Tunisia a partire dal 14 novembre. I tedeschi l'avevano peraltro già invasa prima di quella data. Così l'11 novembre Darlan inviò alla flotta di Tolone l'ordine di dirigersi verso l'Africa settentrionale, ma il comandante in capo della squadra rifiutò di obbedire di obbedirgli. I tedeschi garantirono uno statuto speciale al porto e alla zona nei dintorni della città. Ma l'intenzione reale di Hitler era di impadronirsi della flotta.

Un improvviso attacco contro di questa, il 27 novembre la obbligò ad autoaffondarsi. I tedeschi, allora in difficoltà sul fronte russo (battaglia di Stalingrado), accentuarono la pressione sulla Francia.

Ad Algeri, Darlan aveva preso posizione per favorire la ripresa della lotta. Il suo atteggiamento indusse i principali amministratori dell'impero francese ad unirsi alla lotta contro la Germania.

Questa soluzione, che prolungava il regime di Vichy in Africa settentrionale suscitò naturalmente le proteste del generale de Gaulle. Tuttavia, il 24 dicembre del 1942 un giovane di tendenze monarchiche e al tempo stesso gollista, assassinò l'ammiraglio Darlan ad Algeri. Fu immediatamente giudicato, condannato a morte e giustiziato. A questo punto subentrò Giraud con il titolo di alto commissario: abolì le leggi di Vichy e soprattutto le misure eccezionali contro gli ebrei, ma solo in seguito alle pressioni degli americani. Era piuttosto singolare che ci si trovasse nella condizione di avere due gruppi di francesi impegnati nella lotta contro la Germania: i Francesi liberi di Londra agli ordini del generale de Gaulle, e i Francesi di Algeri agli ordini del generale Giraud.

Il ristabilimento dell'unità

Ci vollero lunghi e difficili negoziati per realizzare la fine l'unità dei francesi nella lotta contro la Germania. Il 25 dicembre del 1942 il generale de Gaulle aveva scritto a Giraud per proporgli un incontro ad Algeri, ma questi rifiutò.

Nel frattempo Roosevelt e Churchill si riunirono, come già visto, ad Anfa vicino Casablanca (gennaio 1943). Erano desiderosi di mettere fine alla divisione dei francesi, così convocarono il generale de Gaulle e Giraud. Fu necessario inviare un vero e proprio ultimatum di Churchill perché de Gaulle si decidesse ad accettare. ma l'accordo fra i due uomini fu impossibile. Ad Anfa, Giraud aveva ottenuto un risultato interessante: aveva fissato un tasso vantaggioso per il franco.

In seguito consigli di Roosevelt, Giraud accettò la collaborazione di Jean Monnet. Questi persuase il generale ad assumere un atteggiamento più democratico, che manifestò nella dichiarazione del 14 marzo. Questa dichiarazione permise la ripresa dei negoziati con de Gaulle, che furono annunciati poco dopo. Ma il generale de Gaulle non poté recarsi subito ad Algeri. Peraltro i rapporti dei "francesi combattenti" con gli inglesi, dopo la conferenza di Anfa, erano pessimi. Temendo che l'arrivo del generale de Gaulle in Algeria avesse provocato disordini, gli inglesi gli rifiutarono l'autorizzazione a lasciare l'Inghilterra. In aprile, lo stesso generale Eisenhower si allineò su quest'opinione.

Dopo molte difficoltà, si riuscì ad intendersi sulla creazione di un "Comitato Francese di Liberazione Nazionale" con sede ad Algeri. Il generale de Gaulle arrivò infine in questa città il 30 maggio. Ma non tutte le difficoltà erano risolte: Giraud voleva restare comandante in capo, mentre de Gaulle era contrario alla fusione in una sola persona del potere politico e militare. Fu necessaria una pressione del generale Eisenhower perché fosse mantenuto lo status quo.

Il generale Giraud, preoccupato unicamente della guerra e ignorante materia politica, fu invitato nel luglio del 1943 negli Stati Uniti e in Canada per ottenere la promessa di importanti forniture di armi e munizioni. Ma questo viaggio in deboli la sua posizione ad Algeri. Così il 1 ottobre, per restare comandante in capo delle forze militari, fu costretto a dare le dimissioni dalla CFLN. Perse anche il ruolo di comandante in capo, in seguito ad una controversia con de Gaulle, nell'aprile del 1944, peraltro dopo aver brillantemente conquistato la Corsica, primo territorio metropolitano ad essere liberato.

Il CFLN, che nel giugno del 1944, dopo un anno dalla sua fondazione, prese il nome di "governo provvisorio della Repubblica francese", non fu però riconosciuto come governo di fatto dalle potenze alleate. Bisognerà attendere la liberazione della Francia e la decisione del 23 ottobre 1944.

Il suo ruolo non fu tuttavia meno importante perché poté organizzare un potente esercito, riconquistare la Corsica, ottenere l'adesione di tutte le parti dell'impero francese.

Reblog this post [with Zemanta]

Le relazioni tra gli alleati dal 1942 al 1944

The Big Three: British Prime Minister Winston ...

Image via Wikipedia

Capitolo VII, Paragrafo III

 

La conferenza di "Arcadia" o di Washington

L'attacco giapponese contro Pearl Harbor convinse Roosevelt ad accettare la proposta di Churchill di un incontro Washington.

Il primo ministro inglese vi giunse il 22 dicembre del 1941. Poiché gli Stati Uniti erano entrati in guerra era necessario stabilire solidamente le basi della loro collaborazione e determinare quale priorità sarebbe stata data alle operazioni in estremo oriente o quelle in Europa. L'ambasciatore dell'unione sovietica negli Stati Uniti, Litvinov assistette ad alcune di queste riunioni.

La prima decisione che fu presa fu quella di formulare una dichiarazione di principio che sarebbe stata sottoposta a tutte le nazioni in guerra contro l'asse. Questa "Dichiarazione delle Nazioni Unite" fu firmata il 1 gennaio del 1942 alla Casa Bianca dai rappresentanti di 26 nazioni.

Era un richiamo dei principi della Carta Atlantica con una giunta, quelle delle libertà religiose, ammessa anche dai sovietici. D'altra parte le Nazioni Unite si impegnavano a impiegare tutte le loro risorse militari ed economiche contro l'asse e a non firmare né armistizi né pace separata. Fu deciso che lo sforzo principale doveva essere diretto contro la Germania, il cui potenziale industriale era superiore a quello del Giappone. Questo principio della Germania per prima non fu difeso solo da Churchill ma anche dal generale americano Marshall che voleva si attaccasse il nemico più forte.

Fu anche accolto il principio di dividere il mondo in zone di operazioni, ognuna delle quali sarebbe sottoposta ad un comando unico. Infine si decise che l'autorità suprema sarebbe stato uno "Stato Maggiore combinato", con sede Washington.

In realtà però, le rivalità fra i membri americani britannici di questo organismo furono molto vive. Alla strategia di concentrazione degli americani, gli inglesi contrapponevano quella della divisione periferica, cioè logoramento del nemico nei suoi punti più deboli.

L'alleanza anglo-sovietica

Durante primi mesi del 1942, gli alleati subirono numerose sconfitte. Solo sul fronte russo la situazione era migliore, grazie ai successi sovietici ottenuti durante l'inverno. Stalin non cessava di chiedere l'apertura del secondo fronte e l'accelerazione delle forniture di armi all'unione sovietica. Si decise allora che Molotov avrebbe fatto un viaggio in Inghilterra e negli Stati Uniti.

A Londra, il ministro sovietico negozio e firmò un trattato di alleanza con l'Inghilterra (26 maggio 1942). Questo trattato era diretto contro la Germania e i suoi associati. I due paesi si impegnavano a non entrare i negoziati con il governo di Hitler, né con nessun altro governo tedesco.

A Washington, Molotov arrivò il 29 maggio. Ebbe diversi incontri con Roosevelt, Cordell Hull, Hopkins e l'ambasciatore Litvinov. Il presidente degli Stati Uniti approfittò di quest'incontro per dichiarare che era convinto che la pace avrebbe potuta essere garantita per almeno 25 anni. La discussione principale si svolse ancora sul secondo fronte, che Molotov pretendeva per il 1942. Il presidente Roosevelt dichiarò che gli sarebbe piaciuto incontrare Stalin. Discutendo ancora dei problemi del dopoguerra, Roosevelt suggerì un sistema di tutela internazionale sul numerose isole e possedimenti coloniali, che sarebbe stato opportuno sottrarre nazioni troppo deboli per avviarle verso l'indipendenza totale. Roosevelt alla precisa domanda di Molotov dichiarò che il secondo fronte poteva essere aperto nel 1942 (questo suscitò però obiezioni da parte di Marshall e di Hopkins). In definitiva il soggiorno di Molotov fece un'ottima impressione negli Stati Uniti.

Le conferenze della Casa Bianca, di Mosca e di Anfa

Churchill era estremamente contrariato all'idea di uno sbarco, anche se limitato, in Francia nel 1942. Riteneva più preferibile spingere a fondo per la preparazione dello sbarco in Africa del Nord.

Nel giugno del 1942, Churchill tornò a Washington, proprio in coincidenza con i successi enormi di Rommel in Nord Africa, situazione che lo preoccupava molto. Malgrado le proteste dei generali americani, si decise nel luglio del 1942 di sostituire lo sbarco in Francia, con uno in Africa del Nord, in modo da attenuare gli effetti della sconfitta dell'esercito britannico stava subendo in Libia.

Restava da far accettare a Stalin il ritardo nello stabilimento di un secondo fronte. Churchill si recò quindi a Mosca, dove arrivò nel settembre del 1942 e vi rimase tre giorni. Stalin fu estremamente scontento del ritardo e l'inizio della conferenza fu molto difficile. Si rassegnò tuttavia d'accettare quello degli proponeva Churchill, cioè un'intensificazione dei bombardamenti aerei e l'operazione di sbarco in Africa del Nord.

Nel corso di una riunione, Churchill e Stalin per essere in considerazione la possibilità di un incontro con il presidente Roosevelt. Ma questa eventualità era molto lontana da potersi realizzare e corse voce alla fine del 1942 della possibilità di una pace separata fra l'unione sovietica e la Germania attraverso la mediazione del Giappone.

Dopo lo sbarco in Africa del Nord, Stalin ruppe il suo lungo silenzio e si felicitò con Churchill di successi riportati. I due capi di governo anglosassoni decisero allora di incontrarsi nel gennaio del 1943 in Marocco. Avrebbero voluto che venisse anche Stalin, ma questi rifiutò a casa dell'importanza del operazioni militari in corso (battaglia di Stalingrado).

Si decise che la conferenza avrebbe avuto luogo ad Anfa. L'incontro aveva tre scopi principali:

1. Organizzare le operazioni militari nel Mediterraneo La conquista della Sicilia;

2. Cercare di riconciliare i francesi di Londra con quelli di Algeri;

3. Rassicurare i russi sulla volontà degli anglosassoni di proseguire la lotta.

Riguardo a quest'ultimo punto, Churchill accolse la proposta che Roosevelt aveva avanzato senza consultarlo: l'eliminazione totale della potenza bellica nemica.

La tensione tra anglosassoni e russi

La prima metà del 1943 è probabilmente quella in cui gli anglosassoni e russi si intesero peggio. I sovietici moltiplicarono le loro allusioni offensive su ritardo nell'apertura del secondo fronte o sulla lentezza della campagna d'Africa. E questa atmosfera che ebbero luogo tre importanti incontri anglo-americani.

Il primo si ebbe in occasione del viaggio di eden a Washington nel marzo del 1943. Gli incontri del capo del Foreign Office con Roosevelt, Cordell Hull, Summer Welles e Hopkins riguardarono quasi esclusivamente sulla situazione del mondo dopo la guerra. Di questi dibattiti si possono ricordare questi punti:

1. Gli anglosassoni ammettevano l'incorporazione di paesi baltici nell'Urss, ma desideravano un plebiscito a tale proposito.

2. Essi erano d'accordo nel ritenere che la Polonia poteva essere limitata verso est dalla linea Curzon. Per contro si sarebbe potuta dare la Russia orientale alla Polonia e di evacuare la popolazione tedesca.

3. Si ammetteva che la Bessarabia sarebbe stato incorporata nella Russia.

4. A proposito della Germania, Roosevelt e eden furono d'accordo nel ritenere che avrebbe dovuto essere smembrata. Furono ugualmente d'accordo che l'Austria vi divenisse indipendente.

5. Per l'estremo oriente, Eden proposte che le isole del Pacifico sotto mandato giapponese fossero attribuite agli Stati Uniti. Era invece poco favorevole al sistema dei mandati auspicato da Roosevelt. Non credeva nemmeno, al contrario del presidente americano, che La Cina avrebbe potuto diventare una grande potenza dopo la guerra.

6. A proposito della futura organizzazione internazionale, furono invece prese poche decisione.

D'altra parte inglesi americani non riusciva ad accordarsi a proposito della Francia. Eden desiderava l'unificazione sotto un'unità forte, dei francesi liberi di Londra e dei francesi di Algeri. Roosevelt preferiva continuare a negoziare invece con le diverse autorità locali.

In definitiva il viaggio di Eden a Washington aveva ampiamente chiarito i problemi che si sarebbero posti dopo la guerra, senza tuttavia che gli anglosassoni avessero calcolato nel loro esatto valore le rivendicazioni future dei sovietici.

Le conferenze "Tridente" e "Quadrante"

Il viaggio di eden a Washington fu seguito da due incontri successivi tra Roosevelt e Churchill. Il primo (conferenza Tridente) ebbe luogo a Washington nel maggio del 1943. Era una conferenza di carattere militare. La principale decisione presa fu lo sbarco in Europa occidentale che avrebbe avuto luogo il 1 maggio del 1944. Si decise di affidare a Churchill la cura di negoziare con il Portogallo per la creazione di basi alleate nelle Azzorre. Questo negoziato si concluse nell'ottobre del 1943 con un accordo.

Ci si rifiutò di dare la priorità alla guerra nel Pacifico, come chiedeva il generale Stilwel. Si pensò di organizzare un incontro con Stalin, sia che Roosevelt vi prendesse parte, sia revisioniste anche Churchill. Niente però consentiva di sperare in una prossima realizzazione di questo obiettivo. Senza dubbio Stalin diede un pegno della sua moderazione dissolvendo il Komintern. Ma nello stesso tempo scambiava con Churchill una corrispondenza estremamente vivace, nella quale si dichiarava che gli anglosassoni avendo già rinviato varie volte l'apertura del secondo fronte non respiravano più fiducia, quando promettevano di aprirlo nel maggio del 1944.

Si poté temere che l'Urss, con un rovesciamento simile a quello avutosi nell'agosto del 1939, tentasse una pace separata con la Germania. D'altra parte La Cina, la cui situazione era decisamente cattiva (era rifornita solo dal ponte aereo al di sopra dell'Himalaya), poteva anche essa essere costretta a concludere una pace separata con il Giappone.

Le dimissioni di Mussolini e la creazione del governo Badoglio (25 luglio 1943) spinsero Roosevelt e Churchill e incontrarsi nuovamente. Questa volta La conferenza organizzata nella città canadese di Quebec (conferenza Quadrante). Cominciò il 17 agosto del 1943. E alla conferenza di Quebec che fu redatto il progetto di dichiarazione delle quattro grandi potenze (regno unito, Stati Uniti, Urss, Cina) per l'istituzione di una organizzazione internazionale. Nonostante le reticenze di Churchill, assai poco favorevole all'operazione di sbarco in Francia, e propensi invece ad uno sbarco nei Balcani, fu confermata la decisione di fissare l'operazione per il 1 maggio del 1944 e fu deciso di completarla con uno sbarco nel sud della Francia.

Fatto essenziale, si apprese alla fine della conferenza di Stalin accettava una proposta americana di riunire prossimamente a Mosca i ministri degli esteri dei tre grandi.

La conferenza terminò il 24 agosto. Churchill passò ancora tre settimane a Washington e si trovava la quando le truppe alleate sbarcarono in Italia e quest'ultima capitolò (3 settembre). Ricevette all'università di Harvard una laurea honoris causa, in quell'occasione pronunciò un discorso nel quale propose per l'avvenire che fosse creata una cittadinanza comune fra americani e britannici, in toni vaghi esattamente come era avvenuto nel giugno del 1940 quando venne proposta l'idea dell'unione franco-britannica.

Poco dopo la conferenza del Quebec, il 25 settembre ebbe luogo un importante modifica nella direzione della politica estera degli Stati Uniti. Il sottosegretario di Stato Samner Welles rassegnò le dimissioni e fu sostituito da Stettinius. Da parecchio tempo infatti Welles non andava d'accordo con Cordell Hull e poiché quest'ultimo godeva al Senato di un notevole prestigio, Roosevelt preferì questa soluzione per evitare un fallimento clamoroso com'era accaduto al suo predecessore Wilson.

La conferenza dei tre ministri a Mosca

Accettato da Stalin il 10 agosto, la conferenza dei ministri degli esteri era la prima riunione fra i rappresentanti dei tre alleati. Churchill e Roosevelt speravano di poterla completare con una riunione fra i tre capi di governo. Eden e Cordell Hull si recarono a Mosca, dove la conferenza si aprì il 19 ottobre 1943. Subito il anglosassoni constatarono una maggiore preoccupazione del loro collega russo Molotov, era di ottenere l'assicurazione che l'invasione della Francia, annunciata per la primavera del 1944 non fosse ritardata. Churchill, che desiderava uno sbarco nel Mediterraneo orientale e la prosecuzione attiva delle operazioni in Italia, sperava che non fossero presi impegni vincolanti. Per contro, appoggiava un'altra proposta russa che tendeva trascinare la Turchia in guerra.

Stalin acconsentì ad una riunione dei tre capi di governo a condizione che avesse luogo a Teheran. I tre ministri discussero anche dei problemi del dopoguerra e decisero la creazione di una "commissione consultiva Europea", che si sarebbe riunita a Londra nel momento in cui il regime di Hitler fosse stato vicino al crollo, in modo da studiare le soluzioni per risolvere problema tedesco. La conferenza terminò il 3 novembre e pose fine all'attenzione degli alleati. Tuttavia aveva lasciato nell'ombra un punto essenziale: quello di sapere quale regolamento sarebbe stato dato nel dopoguerra ai problemi europei.

La prima conferenza del Cairo

Recandosi a Teheran, Roosevelt e Churchill dovette rincontrare il generale Chang Kai Sheck al Cairo; la conferenza regolò principalmente problemi militari. Sul piano politico, Churchill insistette sulla necessità della Gran Bretagna di recuperare Singapore e Hong Kong. Si parlò soprattutto dell'avvenire della Cina.

Il 1 dicembre del 1943 fu pubblicata una dichiarazione dei tre capi di governo, che costituiva la base degli ulteriori sviluppi in estremo oriente. Gli scopi di guerra delle tre potenze sarebbero stati di punire l'aggressione giapponese. Quest'ultimo avrebbe dovuto abbandonare tutti gli ex arcipelaghi tedeschi conquistati nel 1914 e la Corea, che sarebbe divenuta libera e indipendente. Avrebbe restituito alla Cina i territori che le erano stati strappati in epoche differenti e soprattutto formosa e la Manciuria.

Si può notare il trattato di neutralità nippo-sovietico aveva quasi interamente interrotto le consegne di materiale bellico sovietico alla Cina.

La conferenza di Teheran

Roosevelt e Hopkins arrivarono a Teheran il 27 novembre del 1943. Il 28 Stalin fece visita al Roosevelt. I due uomini di Stato si limitarono a passare in rivista la situazione generale. Dopo di che vi raggiunse Churchill ed ebbe luogo la prima conferenza generale, presieduta da Roosevelt. Gli incontri durarono fino al 1 dicembre del 1943.

Sul piano militare si parlò parecchio dello sbarco in Normandia, fissato per il 1 maggio del 1944. Il punto principale fu l'opposizione di Roosevelt e, soprattutto di Stalin, ad un piano di Churchill che voleva un'operazione simultanea nei Balcani.

A proposito della Germania, Stalin dichiarò che i polacchi dovevano estendere la loro frontiera fino al fiume Oder. Si mostrò estremamente pessimista sulla possibilità di cambiare il popolo tedesco e, come gli inglesi, era favorevole ad uno smembramento della Germania. Riteneva che una Germania unita potesse recuperare la sua potenza entro un periodo di 15-20 anni. Raccomandava l'installazione di un sistema di basi in Germania e fuori che permettesse di sorvegliare questo paese. Suggerì peraltro un sistema analogo per il Giappone. Roosevelt propose la creazione di cinque Stati autonomi in Germania.

Churchill sembrava pensare invece a tre Stati: Russia, Germania centrale e Germania meridionale. Stalin si mostrò assai scettico su questi due piani e fu deciso di affidare nello studio alla Commissione Consultiva Europea.

Si discusse anche dell'organizzazione internazionale delle Nazioni Unite. Roosevelt propose che l'Onu fosse composta da tre elementi: un'assemblea, che avrebbe riunito tutti i membri per discutere problemi mondiali, un Comitato esecutivo che avrebbe trattato le questioni non militari, composto da Urss e Stati Uniti, dal regno unito e dalla Cina ed almeno due nazioni europee, da una sudamericana e da una del medio oriente, da una dell'estremo oriente e da un Dominion. Infine ciò che Roosevelt e chiamava "quattro poliziotti" (Urss, Stati Uniti, regno unito, Cina), incaricati di prendere misure energiche e immediate nel caso in cui la pace fosse minacciata. Non era prevista l'eventualità di una minaccia alla pace da parte di uno di questi quattro poliziotti.

In definitiva La conferenza risultò importante, non tanto per i risultati concreti ottenuti, quanto per la nuova atmosfera che sembrava creare. Al termine della conferenza fu pubblicato un comunicato ufficiale ed una dichiarazione sull'Iran.

La seconda conferenza del Cairo

Sulla via del ritorno, Roosevelt e Churchill si fermarono di nuovo al Cairo, dove dal quattro al 6 settembre del 1943, ebbero incontri con i presidenti della Repubblica turca e del suo ministro degli esteri. Scopo di questi incontri era trascinare la Turchia in guerra. Questa avrebbe facilitato il piano di Churchill di intraprendere un'offensiva nei Balcani. I turchi però si rifiutarono, accampando l'insufficienza delle loro forze. Il presidente Roosevelt si recò poi via Tunisi dove annunciò che sarebbe stato nominato comandante in capo dello sbarco in Normandia il generale Eisenhower.

Reblog this post [with Zemanta]

Il "Nuovo Ordine" giapponese in Estremo Oriente.

Capitolo VII, Paragrafo II

Nelle settimane nei mesi che seguirono allo scoppio delle ostilità, i giapponesi riportarono considerevoli successi militari. L'attacco a Pearl Harbor (7 dicembre 1941) aveva reso utilizzabile gran parte della flotta americana nel Pacifico.

Inoltre la distruzione di alcune corazzate britanniche in Malesia aveva parzialmente annientato la flotta britannica dell'oceano indiano. I giapponesi erano sbarcati in dicembre nel Siam, avevano attaccato la Malesia britannica. Nel febbraio del 1942 Singapore dovette arrendersi.

Il 10 dicembre del 1941 erano sbarcati nelle Filippine. Il grosso dell'esercito americano dovette ritirarsi. Il generale americano MacArthur lasciò le Filippine, ma giurò di ritornarvi. I giapponesi si insediarono nel gennaio del 1942 anche nel Borneo e in Nuova Britannia. Una grave disfatta navale degli alleati aveva permesso ai giapponesi di conquistare Giava, dove il governatore olandese si arrese senza condizioni. Nel dicembre del 1941 si erano già impadroniti di Hong Kong. Nell'aprile del 1942 cominciavano a minacciare l'Australia a partire dalla nuova Guinea e dalla nuova Britannia.

Gli americani reagirono insediando un'importante base navale nella Nuova Caledonia francese e nelle Nuove Ebridi. Nell'aprile del 1942 il generale MacArthur fu nominato comandante del Pacifico di sud-ovest. Mentre l'ammiraglio Nimitz assunse il comando delle forze del Pacifico centrale. Queste misure e la concentrazione nuove forze navali permisero agli americani di scatenare un'importante battaglia nel Mar dei coralli che impedì momentaneamente al Giappone di avanzare ulteriormente (maggio 1942). A partire dal giugno del 1942 la flotta americana cominciò a riportare notevoli successi, iniziati dal grande successo nella battaglia delle Midway. L'equilibrio delle forze navali nel Pacifico era ora sul punto di di stabilirsi. Così a partire dal luglio del 1942 la lotta si stabilizzò.

I giapponesi, divenuti ormai padroni dell'Indocina, nel Siam e della Malesia, si erano impossessati anche della Birmania (gennaio-aprile 1942). Nel nord del Pacifico erano sbarcati in diversi arcipelaghi.

L'occupazione giapponese delle Filippine

Nel 1934 il presidente Roosevelt aveva ratificato una legge secondo la quale, dopo un periodo transitorio di 10 anni, le Filippine avrebbero ottenuto La completa indipendenza. Nel 1935 una costituente filippina aveva votato una costituzione sul modello di quella americana e Manuel Quezon era stato eletto presidente (1941). Ma nel frattempo il Giappone aveva conquistato tutto l'arcipelago. All'arrivo dei giapponesi nel gennaio del 1942, Quezon fuggì negli Stati Uniti.

Alla fine dell'anno i giapponesi costituirono un partito unico di tipo totalitario. Tutti gli organismi politici ed economici furono posti sotto l'autorità giapponese. Il governo giapponese decise di andare oltre: nel maggio del 1943 il primo ministro del Giappone visitò l'arcipelago. In quell'occasione fu eletta una Assemblea costituente che approvò una nuova costituzione. Nell'ottobre del 1943 l'amministrazione militare giapponese dichiarò che cedeva il potere alla nuova Repubblica indipendente delle Filippine. Così a Tokio i nuovi plenipotenziari filippini firmarono un patto di alleanza con il Giappone. Fu solamente nel settembre del 1944, dopo l'inizio dei bombardamenti alleati sulle Filippine che il governo filo-giapponese dichiarò guerra alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti.

I giapponesi durante la loro occupazione fecero un grosso sforzo per spazzare via le tracce di americanizzazione dall'arcipelago, ma portarono anche verso il Giappone una grossa parte della ricchezza del paese. Così il malcontento dovuto all'invasione e la crisi economica suscitata da questa esportazioni coatte favorì la formazione di importanti movimenti di resistenza. Dal suo esilio il presidente Quezon tentò di coordinare i vari movimenti di resistenza. Nel giugno del 1944 fu votato dal Congresso americano una risoluzione favore della restaurazione della democrazia nelle isole Filippine e la concessione dell'indipendenza alla data del 4 luglio del 1946. Alla fine di ottobre del 1944, le truppe americane al comando di MacArthur sbarcarono ed iniziano liberazione delle Filippine, che si sarebbe completata nel febbraio del 1945.

Le Indie olandesi.

Nella vasta colonia olandese d'Indonesia, i giapponesi adottarono metodo analogo. Si proclamarono campioni dell'indipendenza rispetto al Olanda. Già prima dell'occupazione, il leader nazionalisti indonesiani avevano reclamato l'autonomia e la sostituzione del nome "Indonesia" a quello di "Indie olandesi". Avevano anche ottenuto dal governo della regina Guglielmina, rifugiato a Londra, la promessa che dopo la guerra sarebbe stata riunita una conferenza imperiale per creare una confederazione olandese-indonesiana.

Quando i giapponesi si impadronirono dell'arcipelago, iniziò un'intensa propaganda in favore della costituzione di un governo filo-giapponese. Il nuovo movimento di indipendenza nazionale era presieduto da un indonesiano. Come nelle Filippine, il leader nazionalisti si divisero in due gruppi. Uno, diretto da Sukarno e Hatta, deciso a collaborare con i giapponesi. Un altro invece organizzò la resistenza contro giapponesi. Nel giugno del 1943, il primo ministro giapponese, il generale Tojo, fece un viaggio a Java, in cui promise di indonesiani una partecipazione al governo del paese. Così in settembre fu creato un Consiglio consultivo centrale, presieduto da Sukarno. Questi accompagnato da Hatta, fece un viaggio a Tokio nel novembre del 1943: ma differenza delle Filippine e della Birmania non si trattò ancora di indipendenza. Fu solamente nel settembre del 1944 che il governo giapponese promise d'Indonesia l'indipendenza. Nell'agosto del 1945 fu annunciata la decisione giapponese di accordare all'Indonesia l'indipendenza totale e immediata. Forse l'intenzione era quella di creare disordini nel paese dopo l'imminente capitolazione giapponese. In ogni caso il leader indonesiani il 14 agosto del 1945 pubblicarono una dichiarazione d'indipendenza.

La Birmania

quando conquistarono Birmania, giapponesi vi trovarono un regime di autonomia stabilito dagli inglesi nel 1935. Tuttavia il governatore britannico manteneva il diritto di veto sugli atti del parlamento e continuava ad esercitare un'autorità assoluta su larghe parti del territorio. Nel 1941 il leader del partito patriottico si recò a Londra per ottenere da Churchill La proposta che La Birmania avrebbe ceduto dopo la guerra lo status di Dominions. Churchill rifiutò. Nell'agosto del 1943 il Giappone accordò l'indipendenza La Birmania e creò un governo satellite. Questi dichiarò guerra all'Inghilterra e gli Stati Uniti. Tuttavia, durezza dell'occupazione giapponese La crisi economica dovuta all'arresto delle esportazioni diviso favorirono sviluppo più piccolo movimento di resistenza parzialmente soggetto all'influenza comunista.

La riconquista della Birmania da parte degli alleati (fine 1944-maggio 1945) pose termine al governo filo-giapponese, ma il sentimento nazionalista birmana aveva sviluppato nel frattempo un'agitazione comunista.

La Malesia britannica

I movimenti nazionalisti erano all'inizio meno attivi Malesia che in Birmania. La presenza di numerosi cinesi e indiani riduceva le teniamo anziana ad una parte minoritaria della popolazione e rendeva utile l'arbitrato britannico. Il governo cinese nazionalista di Ciang Kai Scek si sforzava di distoglier i cinesi della Malesia da un sentimento di patriottismo malese. La conquista giapponese si spiega con l'insufficienza dei preparativi militari britannici i con la mancata complicità della popolazione come giapponesi. Inversamente resistenza giapponesi fu molto più forte in Birmania. Questi invece di programmare un'indipendenza illusoria, preferirono stimolare sentimenti di diffidenza dei malesi nei confronti di cinesi. Quando il Giappone si rese, le truppe britanniche che sbarcarono in Malesia furono accolte con entusiasmo.

Il Siam o Thailandia e l'Indocina francese

Nel giugno del 1939 il Siam cambiò il nome in Thailandia. Questo significava il rifiuto della dominazione di origine straniera e lo sviluppo di un movimento xenofobo. Il partito nazionale popolar tutti partiti rivali instaurò un regime a partito unico. La Thailandia era in buone relazioni con il Giappone cementavano sempre più La loro partecipazione al commercio del paese. Il Giappone aveva anche partecipato alla breve guerra che le opposto La Thailandia la Francia e avevo obbligato quest'ultima accedere ai thailandesi alcune province del Laos e dalla Cambogia. Quando i giapponesi nel dicembre del 1941 sbarcarono in Siam, La resistenza fu insignificante e il primo ministro dichiarò guerra ai inglesi e americani nel gennaio del 1942. A differenza degli altri paesi, il Giappone non dovete creare di sana pianta un governo satellite ma potevo utilizzare il governo esistente. Un governo rivale si insediò però nel nord del paese e assunse il comando di un movimento di resistenza anti-giapponese organizzato con la collaborazione di Stati Uniti Gran Bretagna. Il re, che in quel momento non era nel paese, scelse questo movimento di resistenza. Il governo filo giapponese cadde e il nuovo primo ministro si sforzò di praticare una politica più favorevole agli anglosassoni.

Si è visto come le autorità francesi di Indocina fossero state obbligate a permettere giapponesi di occupare fattivamente l'Indocina del nord (settembre 1940), e poi successivamente tutta l'Indocina (luglio 1941). Sembra che le autorità della colonia avessero brigato durante la guerra una politica di attesa. Si temeva in effetti i cinesi nazionalisti, ostili alla colonizzazione francese, si impadronissero del paese. Per impedire che le guarnigioni francesi aiutassero l'eventuale sbarco alleato in Indocina, i giapponesi decisero però di modificare la situazione. Nel marzo del 1945 fu indirizzato un ultimatum in cui si reclamava una cooperazione più stretta per la difesa comune dell'Indocina. L'ammiraglio Decoux rifiutò e questo provocò alla reazione giapponese, che annientarono le guarnigioni francesi. L'imperatore Bao Dai, sino ad allora sotto protettorato francese, a questo punto proclamò l'indipendenza e costituì un nuovo governo. I re di Cambogia e del Laos è fecero lo stesso. Ma al governo dell'imperatore vietnamita si opponeva il partito comunista diretto da Ho Chi Minh. Quest'ultimo riceveva armi e appoggio tecnico dagli americani e si era insediato solidamente nel nord del Tonchino. Quando i giapponesi capitolarono si costituì un governo provvisorio comunista, sotto la presidenza di Ho Chi Minh, che proclamò l'indipendenza nel paese.

Così il metodo giapponese nel sudest dell'Asia era consistito in uno sforzo per creare ovunque governi satelliti strettamente sottomessi a Tokio.

L'India

La minaccia giapponese sull'India rendeva particolarmente urgente la necessità di dare soddisfazione dei sentimenti nazionalisti molto sviluppati nel paese. Nel partito della Congresso, Gandhi faceva un attiva propaganda in favore della neutralità e della non resistenza. Solo una minoranza, capeggiata da Nehru, sebbene ostile alla dominazione inglese, dichiarava che non sarebbe stata limitati in alcun modo la cooperazione con lo sforzo bellico inglese e che l'India avrebbe resistito con la forza qualsiasi tentativo di invasione da parte del Giappone. Il presidente Roosevelt aveva suggerito a Churchill che il governo britannico concedessi immediatamente l'indipendenza all'India; il primo ministro britannico però rifiutava energicamente questa eventualità. Riteneva infatti che una indipendenza concessa in piena guerra avrebbe gettato l'India nel caos e facilitato un'invasione giapponese. Contro il partito del congresso si era però schierata la Lega musulmana, rappresentante oltre 100 milioni di abitanti. La Lega musulmana rifiutava la creazione di uno Stato indiano unico in cui musulmani sarebbero stati minoranza.

Il gabinetto di guerra britannico decise quindi di rifiutare la concessione dell'indipendenza in piena guerra, ma la promise per il periodo immediatamente successivo, a condizione che questo fosse il desiderio espresso da una Assemblea costituente indiana.

Nonostante un tentativo fallito di mediazione, non vi fu un mutamento consistente durante la guerra, né i disordini il pacifismo di Gandhi poterono in alcun modo nuocere al morale dell'esercito indiano.

L'esercito nazionale indiano

I giapponesi cercarono attualmente di sfruttare il nazionalismo indiano nell'interesse della loro causa. Crearono con una parte delle truppe indiane fatte prigioniere Singapore è, un esercito nazionale indiano che contava circa 10.000 uomini. Nel 1943 l'esercito nazionale indiano fu posto sotto il comando del leader nazionalista Bose. Il primo ministro giapponese, generale Tojo, arrivò a Singapore è nell'ottobre del 1943 e passò in rivista il nuovo esercito nazionale indiano. In ottobre era stato anche creato un governo indiano filo-giapponese con Bose come capo di Stato. Questo governo fantoccio dichiarò guerra agli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Esso però fu praticamente disintegrato quando gli alleati riconquistarono la Birmania, paese nel quale si era nel frattempo insediato. Vi è da rilevare che l'armata delle Indie che combatteva con gli alleati comprendeva 2 milioni e mezzo di uomini, tutti volontari, mentre l'esercito nazionale indiano non supera mai i 30.000 uomini.

La Cina

Nella parte della Cina rimasti indipendente il problema essenziale era quello delle relazioni fra il governo nazionalista e i comunisti. I buoni rapporti stabiliti nel settembre del 1937, in occasione dell'avanzata giapponese, non avevano tardato a deteriorarsi nell'agosto del 1938. Le ostilità non erano riprese in grande scala. Tuttavia, nel gennaio del 1941, vi fu un incidente che portò ad una vera e propria battaglia. Non fu concluso alcun accordo dopo quest'incidente gli scontri fra nazionalisti comunisti continuarono. Nel maggio del 1944 si incontrarono i delegati delle due parti, che non raggiunsero alcun accordo, ma lanciarono l'idea di un governo di coalizione. Gli americani seguirono da vicino questi avvenimenti. Ma i loro rappresentanti locali erano divisi.

Da un lato il generale Stilwel auspicava la collaborazione fra nazionalisti comunisti e vaste operazioni terrestri contro i giapponesi. Altri invece preferivano limitarsi ad operazioni di bombardamento. Chang Kai Sheck peraltro detestava il generale Stilwel e riuscì a farlo richiamare nell'agosto del 1944. Nel giugno del 1944, il presidente Roosevelt incaricò il vice presidente di visitare La Cina per esaminare il suo sforzo bellico e come poteva essere sostenuto. Questi suggerì a Ciang Kai Sheck una mediazione americana fra il governo nazionalista i comunisti. Il generalissimo finì per accettare l'invio di una missione in territorio comunista (giugno). Ma insistete sul fatto che i comunisti non erano in buona fede.

Reblog this post [with Zemanta]

Il “Nuovo Ordine” in Europa

Capitolo VII, Paragrafo I

La volontà di Hitler era senza dubbio quella di dominare l'Europa. Ma alla sua politica presentò delle differenze considerevoli a seconda dei paesi presi in considerazione.

La Germania aveva annesso zone molto estese: l'Austria, il territorio dei Sudeti, la parte occidentale della Polonia (la parte orientale era invece occupata dall'Urss), il territorio di Danzica, Memel, l'Alsazia-Lorena, la Slovenia settentrionale e, dopo la disfatta italiana, anche Trieste e il Tirolo italiano.

Alcuni paesi erano soggetti al suo protettorato: la Boemia e la Moravia, la parte occidentale della Polonia non ammessa. E altri erano semplicemente occupati, ma erano trattati in modo molto diverso.

I paesi occidentali, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca e, in misura minore, la Norvegia godevano di un trattamento abbastanza favorevole.

Al contrario Serbia, Grecia, Polonia e tutti territori sovietici occupati erano invece soggetti ad un'occupazione estremamente dura. Altri paesi invece come la Spagna, l'Italia, l'Ungheria, la Bulgaria, la Romania, la Slovacchia, la Croazia e la Finlandia erano amici o alleati della Germania.

Solo tre paesi dell'Europa continentale sfuggivano completamente alla sua autorità: il Portogallo (tradizionalmente vicino all'Inghilterra), la Svizzera (neutrale) e la Svezia. L'Irlanda era rimasta neutrale.

La volontà di Hitler di dominare l'Europa si tradusse in diversi metodi che andavano dalla firma di un trattato, all'occupazione militare e all'attività poliziesca. Il carattere più comune della dominazione nazista fu la terribile persecuzione intrapresa contro gli ebrei che furono massacrati in parecchi milioni e l'invio degli oppositori in campi di concentramento.

Il patto tripartito

Il patto tripartito fu firmato il 27 settembre del 1941 a Berlino da Germania, Italia Giappone. Sul piano europeo, prevedeva la costruzione di un "nuovo ordine europeo" guidato da Germania Italia, e il diritto per queste due potenze ad avere in Europa lo "spazio vitale" che sarebbe loro convenuto.

In generale paesi occupati, presentavano soprattutto dei vantaggi per la macchina da guerra tedesca. In essi Hitler vi trovava le materie prime, i viveri e soprattutto la manodopera. Le pesanti indennità di occupazione gli permettevano di regolare a suo piacimento l'economia dei territori e di alleviare le finanze tedesche. L'adesione al patto tripartito fu per Hitler uno dei criteri di fedeltà all'ordine nuovo.

Quando la Germania attaccò l'Urss, un certo numero di paesi satelliti dichiararono guerra a quest'ultima sin dalla fine di giugno del 1941: Italia, Slovacchia, Ungheria e Romania. La Finlandia si unì nella lotta senza però allearsi con la Germania. La propaganda per la "crociata anti-bolscevica" diventò uno dei temi principali in tutti paesi filotedeschi.

L'Ungheria

Dopo il 1938 l'orientamento dell'Ungheria era nettamente filo-tedesco. Gli ungheresi avevano beneficiato di quest'atteggiamento e annesso, poco dopo la conferenza di Monaco, il sud della Slovacchia (novembre 1938), la Rutenia subcarpatica (marzo 1939, immediatamente dopo la dissoluzione dello stato cecoslovacco) e i due terzi della Transilvania (agosto 1940, ai danni della Romania occupata dai tedeschi) e infine dei territori jugoslavi (aprile 1941, in occasione dell'invasione tedesca di questo paese).

Tuttavia il capo della Stato ungherese evitava di impegnarsi a fondo nella guerra e predicava una decisa politica antisemita.

Nell'aprile del 1941 vi fu un avvicendamento di governo, che garantì una politica di maggiore sottomissione alla Germania. Infatti l'Ungheria dichiarò guerra alla Russia sin dal 27 giugno del 1941. A ciò valse all'Ungheria una direzione di guerra della Gran Bretagna nel dicembre del 1941 e la rottura delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti. Quando, poco più tardi, gli Stati Uniti entrarono in guerra, Hitler spinse i governi ungherese, bulgaro perlomeno a dichiarare guerra a questo paese.

Il nuovo capo di Stato ungherese tuttavia cercò di ridurre al minimo la partecipazione ungherese alla guerra. Per questa ragione nel marzo del 1942 fu costretto a rassegnare le dimissioni e fu sostituito da Kallay. Questo comporta un cambiamento completo della politica estera ungherese.

Kallay infatti si adoperò personalmente per far uscire il paese della guerra e di concludere un armistizio con gli alleati. Ma temendo di veder i tedeschi costituirono una specie di blocco romeno-croato-slovacco diretto contro l'Ungheria, per altro abbastanza simile alla vecchia Piccola Intesa, Kallay cercò di ottenere contro questa coalizione l'appoggio italiano e si recò a Roma nell'aprile del 1943.

Ma Mussolini in quella fase era ormai troppo debole per resistere seriamente alla Germania. Inoltre cercò anche di stabilire dei contatti ufficiosi con i diplomatici anglosassoni ad Istanbul, accettando anche l'idea di una resa senza condizioni. Le stesse proposte furono anche trasmesse alla Russia nel settembre del 1943. L'ambasciatore britannico ad Istanbul con un i colla risposta degli alleati: la capitolazione ungherese a dover essere tenuta segreta. L'Ungheria doveva ridurre progressivamente la sua cooperazione militare ed economica con la Germania, promettere di resistere ad un eventuale occupazione militare da parte dei tedeschi e lasciar passare ieri alleati sul territorio ungherese. Si sarebbero dovuti, in un secondo momento, impegnare ad attaccare i tedeschi. Questo tentativo per uscire dalla guerra fallì. Nell'aprile del 1943, Hitler aveva protestato energicamente contro la politica del governo Kallay.

Così alla fine di febbraio del 1944 la Germania reclamò il diritto di passaggio attraverso l'Ungheria di 100.000 soldati diretti al fronte russo. Il governo esitò credendo che queste truppe fossero in effetti destinate ad occupare l'Ungheria. Così Horthy, presidente ungherese, accettò di incontrare Hitler a Berchtesgaden. Questi gli fece una violenta scenata e pretese una completa cooperazione militare d'economica e severe misure contro gli ebrei. Ma Horthy rifiutò. Così nella notte fra il 18 19 marzo le truppe tedesche entrano in Ungheria, senza che fosse possibile una resistenza. Quando Horthy tornò Budapest, ormai l'Ungheria era già occupata dai tedeschi.

L'11 ottobre del 1944 fu firmato a Mosca un armistizio e il 15 venne reso pubblico. A quel punto i tedeschi insediarono un governo formato dal partito della "Croce Frecciata". Il nuovo regime durò però solo alcuni mesi e fece regnare il terrorismo Ungheria.

 

La Romania

La Romania e la Bulgaria furono i due principali alleati della Germania nell'Europa balcanica. Nel settembre del 1940, re Carol di Romania aveva invano cercato di dissipare la diffidenza di Hitler e fu obbligato ad abdicare. A quel punto divenne dittatore della Romania Antonescu, che sviluppò una politica apertamente filo-tedesca e una campagna antisemita. Aprì il suo paese tedeschi, gli consegnò i campi petroliferi rumeni e dichiarò guerra alla Russia sin dal 22 giugno del 1941.

Il suo scopo sembra sia stato quello di convincere Hitler che il secondo arbitrato di Vienna (agosto 1940) doveva essere annullato e l'intera Transilvania riunita alla Romania (l'arbitrato aveva di fatto spartito le zone contese della Romania, tra cui la Bessarabia).

Le vittorie russe dell'inverno 1943-1944 misero La Romania in una situazione difficile. Gli avversari del dittatore Antonescu cercarono di negoziare con gli alleati e fu inviata una delegazione segreta al Cairo dove nell'aprile del 1944 ebbero luogo i primi negoziati di armistizio. Molotov annunciò pubblicamente l'unione sovietica non aveva alcuna rivendicazione territoriale verso la Romania, ad eccezione della Bessarabia e della Bucovina del Nord.

Mentre l'armata Rossa penetrava in territorio rumeno, ebbe luogo a Bucarest un colpo di Stato (agosto 1944) che accelerò definitivamente l'avanzata dei sovietici. La Romania accettò le condizioni di armistizio alleate e lo stesso giorno il giovane re Michele fece arrestare Antonescu e costituì un nuovo governo.

 

La Bulgaria

Re Boris di Bulgaria scelse il campo tedesco durante il 1940. La Bulgaria, dove le simpatie filo-russe erano notevoli, non dichiarò guerra alla Russia nonostante la pressione dei nazisti. I bulgari, che avevano firmato nel 1941 un trattato di non aggressione con la Turchia, si limitarono ad occupare la macedonia jugoslava e la Tracia.

Alla fine di agosto del 1943 morì re Boris, cui successe suo figlio di soli sei anni. Il principale reggente era molto favorevole ai nazisti: per cui fu costituito un nuovo governo che dette una svolta alle relazioni con la Germania. Tra l'agosto e l'ottobre del 1944 situazione era molto confusa. Il governo reclamò la partenza delle truppe tedesche ed inviò un emissario al Cairo. Temendo di essere escluso dai negoziati, dichiarò guerra Germania il 5 settembre. Tuttavia l'armata Rossa aveva invaso La Bulgaria il 9 settembre. Vi fu un solo definitivo armistizio firmato a Mosca per conto dei tre alleati.

 

La Jugoslavia e l'Albania

Quando fu sconfitta La Jugoslavia, re Pietro II andò in esilio a Londra con il suo governo. Sul territorio jugoslavo furono costituiti due principali movimenti di resistenza. Da una parte, il generale serbo Mihailovic, poco propenso ad azioni di guerriglia e decisa conservare le sue forze intatte per appoggiare un eventuale sbarco alleato. Questa soluzione era voluta dal governo in esilio a Londra, per questo abbandonò praticamente qualsiasi operazione militare.

Un altro movimento di resistenza si era invece sviluppato sotto la guida del segretario generale del partito comunista, che dei primi della guerra aveva assunto il nome di Tito. Egli aveva costituito il "Movimento dei partigiani". Questi partigiani riuscirono a sette mettere le mani sulla maggior parte delle armi abbandonate dalle truppe italiane di occupazione dopo l'armistizio dell'Italia nel settembre del 1943.

Tito fu anche moderatamente appoggiato dai russi. Ben presto però entrò in opposizione a Mihailovic, così il comitato nazionale di Tito decise di inviarono una delegazione al Cairo per negoziare con il governo Di Pietro II.

Il re era assai contraria Tito e rifiutò di ricevere una delegazione. Così il 23 dicembre del 1943 il comitato nazionale jugoslavo proclamò la decadenza del governo e accusò il generale Mihailovic di essere in contatto con le autorità tedesche. A partire da questa data la tensione fra re Pietro II e il maresciallo Tito divenne estrema. Nel maggio del 1944 re Pietro II affidò l'incarico di formare un nuovo governo, che tentò di raggiungere un accordo con Tito.

Nel giugno del 1944 si recò in Jugoslavia per incontrarlo. Contemporaneamente il governo britannico faceva sapere che ritirano le proprie appoggio a Mihailovic a causa della sua collaborazione con i tedeschi.

Fu firmato un accordo fra Tito e Subasic, primo ministro del governo in esilio, il 31 agosto in vista della liberazione della Jugoslavia.

Alla conferenza anglo-sovietica di Mosca nell'ottobre del 1944, russi e inglesi si misero d'accordo per trovare una soluzione difficoltà interne di questo paese. Il maresciallo Tito si trovava Mosca durante la conferenza. E’ durante questa stessa conferenza, che russi e partigiani liberarono Belgrado. Vi è da rilevare che la Jugoslavia e l'unico paese che si liberò con le sue sole forze.

Il governo croato, rimasto fedele alla Germania, tentò invano di resistere all'avanzata dei partigiani. Dopo la disfatta italiana, i nazisti presero in mano l'amministrazione dell'Albania. Nel giugno del 1944 tentarono inutilmente di eliminare guerriglieri comunisti guidati da Hoxha. Nel novembre del 1944 quest'ultimo entrò nella capitale liberata e di costituì un governo comunista.

 

L'Europa occidentale

In Europa occidentale si tenta di stabilire un nuovo ordine come riforme. A partire dal 1942 l'occupazione divenne più dura. Hitler aveva creduto di vincere qualche mese con guerra lampo, cosa che gli era ben riuscita almeno fino a quella data. La resistenza dei sovietici lo obbligò a lanciarsi nel 1942 e soprattutto dal 1943 nella guerra totale.

Alla Germania occorreva utilizzare molto più sistematicamente le risorse dei paesi occupati. Così gli attentati anti-tedeschi si moltiplicarono provocarono violente rappresaglie. Il Belgio e il nord della Francia erano soggetti al comando tedesco. Il governo danese si sforzava di limitare per quanto possibile la collaborazione con le autorità tedesche. In Norvegia fu creato un governo satellite, che però ebbe contro la stragrande maggioranza la popolazione. Il re di Norvegia si era rifugiato peraltro Londra con il suo governo e una gran parte della flotta mercantile norvegese si era messa a disposizione degli alleati.

La situazione dei Paesi Bassi era simile, poiché la regina Guglielmina si trovava anch'essa Londra. I re del Belgio Leopoldo III era rimasto in patria, considerandosi prigioniero dei tedeschi, con i quali rifiutava di collaborare.

La situazione Francia era molto differente per il fatto dell'esistenza del governo di Vichy. Dopo il ritorno al potere di Laval, il governo di Vichy aveva accentuato la sua politica di collaborazione.

Tuttavia nonostante fosse filo-tedesco, sembra che Laval abbia cercato fra il novembre del 1942 l'aprile del 1943 di evitare una collaborazione militare diretta con la Germania. L'occupazione della zona libera da parte della Germania (novembre 1942) e la ripresa della lotta nel resto dell'impero francese ridusse quasi a zero l'autorità del governo di Vichy. Le sue relazioni diplomatiche con l'estero si erano progressivamente rotte tanto che a partire dal 1943 si può dire che la Francia occupata non avesse più una politica estera propria. Il governo di Vichy dovette sparire con la liberazione della Francia e con la rimozione del maresciallo Pétain, condotto in Germania contro la sua volontà nel mese di agosto del 1944.

Reblog this post [with Zemanta]

domenica 21 marzo 2010

Il contrasto tra il Giappone e gli Stati Uniti e la rottura (1939-1941)

 

Negli Stati Uniti, dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale l'isolazionismo perse progressivamente terreno. Una forte tendenza dell'opinione pubblica, guidata soprattutto dall'ex segretario di Stato Stimson e da diversi quotidiani, sosteneva l'idea che occorreva distinguere fra aggressore vittima, e cessare di predicare una neutralità senza condizioni. Inoltre molti americani erano irritati nel vedere il Giappone bombardare le popolazioni civili.

L'evoluzione del politica giapponese

Da parte giapponese, vi fu un cambiamento di atteggiamento del governo in occasione delle dimissioni nel gennaio del 1939 del principe Konoye, che fu sostituito da un governo militarista vicino alle posizioni dell'Italia della Germania.

Konoye

Infatti questi due paesi firmarono il "patto d'acciaio" nel maggio del 1939. Restava da capire se il Giappone intendeva aderire a una vera e propria alleanza oppure si sarebbe accontentato di parteciparvi in termini molto vaghi com'era accaduto per il patto anti-Komintern che aveva firmato nel 1936.

Il nuovo governo giapponese inizialmente esitò, tanto da proporre gli Stati Uniti di unirsi al Giappone in un tentativo di mantenimento della pace in Europa. Fu però assai preoccupato nel vedere gli americani denunciare il trattato di commercio. Peraltro il Giappone era soddisfatto della firma del patto anti-Komintern.

Infatti la minaccia che Hitler faceva pensare sull'Occidente aveva impedito alle democrazie europee di aiutare La Cina nella sua lotta contro il Giappone. Tuttavia, Hitler non era contento della guerra cino-giapponese, e avrebbe preferito porre le basi per un trattamento privilegiato della Germania per il commercio con La Cina. Il gabinetto Konoye aveva accettato l'idea di aderire ad un'alleanza difensiva con la Germania l'Italia, ma a condizione che questo trattato fosse rivolto esclusivamente contro l'unione sovietica, cosa che non conveniva ad Hitler. L'esercito giapponese voleva invece un'alleanza molto più generale. I negoziati proseguirono durante tutta l'estate del 1939.

Ma il 21 agosto Von Ribbentrop telefono all'addetto militare giapponese a Berlino per informarlo che stava recandosi a Mosca per firmare un patto con la Russia sovietica. Il governo giapponese considerò questo patto come un tradimento e anche l'esercito nel fu profondamente scontento.

Il 18 settembre, quando Hitler si era assicurato l'occupazione tedesca in Polonia, con parecchio ritardo il governo giapponese presentò alla Germania una protesta. Ma nel frattempo in Giappone vi era stato un rovescio di governo che avrebbe portato il generale Abe al comando.

Lo scoppio della guerra in Europa indusse gli Stati Uniti a preparare più attivamente la loro difesa e ad aumentare la produzione di armamenti. Questo rendeva necessaria una limitazione dell'esportazione di materie prime verso il Giappone. Il 26 settembre, Roosevelt chiese alle imprese private di cessare l'esportazione di 11 materie prime. Il 3 novembre, il congresso rivide la legge di neutralità sopprimendo l'embargo sulle armi e sulle munizioni. Si stava sviluppando l'idea negli Stati Uniti di dover agire con dolcezza ma anche con determinazione. Per di più Francia e Inghilterra, occupate in Europa in un duro conflitto, non potevano più agire in Estremo Oriente, e questo cresceva le responsabilità dell'America. All'inizio del 1940 gli Stati Uniti rifiutarono di rinnovare il trattato di commercio con il Giappone. Questa politica portò alla caduta del governo Abe, che l'esercito non riteneva abbastanza energico.

I progetti di espansione verso il sud

Nel 1940 il governo giapponese si orientò deliberatamente verso una politica di espansione nei mari del Sud. Ancor prima dell'invasione dell'Olanda e della Francia da parte della Germania, nel gennaio del 1940 il Giappone dichiarò che rinunciava al trattato di arbitrato e di conciliazione che aveva firmato con i Paesi Bassi, chiedendo a quest'ultimo paese che gli venissero accordate vantaggi commerciali e lindi olandesi. Cordel Hull in aprile dichiarò che gli Stati Uniti erano contrari ad ogni cambiamento politiche in Indonesia, e nel mese di maggio propose agli inglesi un passo comune su quest'argomento presso il governo giapponese, senza però prendere alcun impegno di intervento nelle Indie olandesi.

In effetti, è verso l'Indocina che si rivolsero gli interessi del Giappone. Nel giugno del 1940 il governo giapponese chiese al maresciallo Pétain di permettere ad una missione militare giapponese di operare in Indocina. Il suo scopo era di tagliare i rifornimenti verso La Cina nazionalistica di Ciang Kai Scek. Il governatore generale dell'Indocina aveva accettato di sospendere il movimento di materiale bellico, ma questo non bastava giapponesi. La Francia accettò anche l'arrivo di una missione giapponese di osservazione, mentre il Giappone aveva anche chiesto all'Inghilterra di ritirare le sue truppe da Sciangai e di chiudere la frontiera di Hong Kong, come anche la strada della Birmania. In seguito al loro rifiuto, in luglio fu firmato un accordo anglo-giapponese che sospendeva per tre mesi il trasporto di materiale bellico verso La Cina.

Il ministro degli esteri giapponese nel giugno del 1940 aveva dichiarato che era necessario stabilire un nuovo ordine in Estremo Oriente. Si trattava di un vero e proprio ramo politico, che sarebbe stato realizzato "con mezzi pacifici". Quest'ultima frase però scontentò l'esercito. Il governo fu giudicato troppo pacifista e fu obbligata a rassegnare le dimissioni in luglio. Il principe Konoye accettò nuovamente di costituire il nuovo gabinetto, questa volta molto più favorevole ai fautori della guerra. Il programma segreto elaborato dal nuovo governo prevedeva:

  1. Di affrettare la guerra alla Cina;
  2. Di risolvere il problema della "nuovo ordine" nei paesi asiatici, in un quadro di riavvicinamento alla Germania e all'Italia, assumendo un atteggiamento più severo nei confronti della Cina, di Hong Kong e delle concessioni straniere in Cina.

L'occupazione del Tonchino e la risposta americana

Il Giappone, in seguito a questo cambiamento di governo, adottò immediatamente delle misure, indirizzando un ultimatum il 1 agosto al governo di Vichy, in cui esigeva il diritto di inviare delle truppe nella regione del Tonchino e di controllarvi gli aeroporti. Sotto pressione tedesca, il governo francese cedette. Così il 29 agosto fu firmata Tokio un accordo che garantiva queste richieste il Giappone. In cambio il governo nipponico prometteva di rispettare la sovranità francese in Indocina.

Fu inviata e lindi olandesi una missione giapponese che chiese la concessione di privilegi economici specialmente per quanto riguardava l'esportazione di petrolio verso il Giappone. Appoggiato dagli Stati Uniti dall'Inghilterra il negoziatore olandese resistette palmo a palmo.

In queste circostanze il governo americano prese una serie di energiche misure. Nel giugno del 1940 era stata votata una legge "sul rafforzamento della difesa nazionale", che autorizzava il presidente additarono limitare l'invio di qualsiasi prodotto necessario la difesa nazionale. Nei primi di luglio il presidente Roosevelt aveva posto sotto licenza l'esportazione di tre gruppi di prodotti, che includevano l'alluminio e pezzi di ricambio degli aerei. Verso la fine di luglio, Roosevelt firmò un decreto che sottoponeva a licenza l'esportazione dei materiali ferrosi, degli oli e dei carburanti per l'aviazione, fino alla decisione di metà settembre di interrompere completamente l'esportazione di metalli ferrosi. Era il primo grave colpo portato alla produzione bellica giapponese, dal momento che per più della metà dipendeva dalle esportazioni americane. Ma i dirigenti giapponesi continuarono ugualmente la loro politica di espansione territoriale.

Il patto tripartito 

Il Giappone rispose firmando a Berlino, il 27 settembre del 1940, il patto tripartito con la Germania e l'Italia.

Fin dalla sua costituzione, il ministero Konoye era disposto concludere un'alleanza con l'asse e desiderava far riconoscere alla Germania il predominio giapponese nella "sfera estremo-orientale". Von Ribbentrop voleva in cambio di vantaggi tangibili: riconoscimento reciproco del "nuovo ordine" in Europa in Asia e delle "sfera d'esistenza" giapponesi in estremo oriente, e tedesche e italiane in Europa e in Africa. La sfera giapponese si sarebbe estesa fino alle Indie. Il Giappone era risoluto ad usare la forza per raggiungere i suoi scopi, ma si sforzava di rimanere in pace con gli Stati Uniti. Sin dal 25 settembre Von Ribbentrop aveva fatto sapere a Molotov che questa alleanza non era diretta verso l'unione sovietica, ma contro gli Stati Uniti. Il trattato era breve, e negli articoli si fissava quanto detto prima: il riconoscimento del "nuovo ordine" in Asia orientale e in Europa, i principi della cooperazione politica, economica e militare, oltre alla cooperazione in caso di attacco di una de le potenze, ad eccezione di quanto già accaduto nella guerra europea con il conflitto cino-giapponese. I tre paesi si dichiaravano inoltre concordi nel non mutare la situazione politica esistente fra ciascuno di loro e l'unione sovietica.

Contrariamente al patto anti-Komintern, il patto tripartito non era più diretto contro l'unione sovietica ma contro gli Stati Uniti, arbitri della situazione nel Pacifico come in Europa.

Lo sviluppo della cooperazione anglo-americana nel Pacifico nuova linea nuova linea a partire dalla firma del patto tripartito (27 settembre), il governo americano e dei chiaramente coscienza che una guerra con il Giappone era possibile. Il problema era di sapere se bisognava prepararvisi stabilendo un embargo sui prodotti petroliferi, così sarebbe stato sufficiente preparare dei piani di resistenza accordi nati con la Gran Bretagna. Gli inglesi decisero in ottobre, con l'approvazione americana, di riaprire la strada della Birmania interrotta nel rispetto degli accordi di luglio con il Giappone.

La trionfale rielezione di Roosevelt, avvenuta nel 5 novembre, confermò La nuova tendenza dell'opinione pubblica americana in favore di una politica di fermezza. Non fu fatta alcuna promessa di difendere l'India olandesi in caso di attacco, nonostante le pressioni del governo australiano, ma fu accresciuto notevolmente l'aiuto verso La Cina. La politica dell'embargo progressivo nel frattempo in crudele La ogni settimana un numero sempre più crescente di prodotti soggetti a licenza. Furono avvistati anche alcuni politici giapponesi ufficiosamente gli Stati Uniti erano decisi ad appoggiare l'Inghilterra anche rischio di una guerra, dal momento dell'opinione pubblica era sempre più favorevole a questa eventualità.

Verso la fine del gennaio del 1941, iniziarono a Washington incontri segreti tra gli stati maggiori di Inghilterra, Stati Uniti e Dominions britannici. Le decisioni prese Washington furono estremamente importanti. In caso di entrata in guerra degli Stati Uniti era stabilito il principale sforzo militare americano doveva concentrarsi nella Atlantico e in Europa, essendo la Germania il membro principale dell'asse. Gli Stati Uniti avrebbero sviluppato le loro forze nel Atlantico e nel Mediterraneo, in modo da liberare le forze britanniche per la difesa dei territori britannici in estremo oriente. La flotta americana nel Pacifico non sarebbe stata incaricata della difesa di Singapore e, come gli inglesi però auspicavano, ma della produzione delle isole Hawaii, delle Filippine, di Guam e di altre isole del Pacifico. Questo piano fu approvato tra il mese di maggio e il giugno del 1940 dai due governi. Questo non impediva al segretario di Stato di tentare, nel frattempo, numerosi incontri con l'ambasciatore giapponese per tentare di raggiungere un accordo. Sembra infatti che l'ambasciatore giapponese presso gli Stati Uniti fosse sincero nel suo intento di trattativa, ma il suo governo lo poggiava sulla metà: gli americani erano a conoscenza delle realizzazioni giapponesi in quanto erano in grado di decodificare i loro codici segreti.

La base delle discussioni è un progetto secondo quale gli Stati Uniti avrebbero ristabilito completamente le loro relazioni commerciali con il Giappone e sarebbero intervenuti come mediatori presso Ciang Kai Scek, se il Giappone si fosse impegnato ad usare solo mezzi pacifici nei mari del sud, astenendosi dall'aiutare la Germania.

Le esitazioni giapponesi (primavera 1941)

In effetti fu solo durante la primavera del 1941 che il Giappone si preparò seriamente alla conduzione di una guerra. Dapprima il governo giapponese decise di chiarire con Berlino e Mosca La definizione precisa nella zona di influenza giapponese, la conclusione di un accordo con l'Urss che avrebbe armonizzato La politica di questo paese con quella delle potenze del patto tripartito. Il governo giapponese ignorava completamente l'intenzione di Hitler di attaccare l'unione sovietica. Hitler accettava volentieri questa prospettiva e incitava i giapponesi ad entrare immediatamente in guerra.
Matsuoka in un suo viaggio programmato in Germania, nel viaggio di andata il 23 marzo del 1941 passò per Mosca, offrendo a Stalin e a Molotov un patto di non aggressione. Poi dal 27 marzo al 4 aprile ebbe lunghe conversazioni con Hitler e Von Ribbentrop. Questi ultimi cercarono di persuaderlo essendo La disfatta inglesi imminente, il Giappone avrebbe avuto interesse a prendere immediatamente Singapore. Matsuoka, che non aveva il potere di prendere una tale decisione, si limitò a dichiarare che riteneva certa La guerra fra gli Stati Uniti Giappone, ma che non poteva fissarne la data. D'altra parte, Hitler cercò di dissuaderlo da concludere un patto di non aggressione con l'Urss, che avrebbe potuto diventare un nemico, senza però svelare le sue reali intenzioni aggressive nei confronti di questo paese.

Al ritorno Matsuoka passò di nuovo per Mosca: Stalin era cosciente del pericolo tedesco, abbandonò tutte le condizioni che aveva posto prima alla firma di un accordo. Si giunse così il 13 aprile alla firma di un patto di neutralità valido per cinque anni che fu immediatamente approvato dal governo giapponese. I due paesi si impegnavano a rimanere neutrale se l'uno all'altro fossero diventati "oggetto di ostilità da parte di una o più potenze". Nulla era detto invece circa le zone di influenza. Hitler fu assai irritato per la firma di questo trattato.

Il 21 aprile, i principali dirigenti politici e militari giapponesi decisero di continuare i negoziati con gli Stati Uniti, ponendo però deve condizioni che, di fatto, rendevano impossibile un accordo. Si manifestarono due tendenze: quella dell'esercito, favorevole ad una guerra immediata; quella del principe Konoye e della marina, contraria d'una guerra contro gli Stati Uniti e fiduciosi Roosevelt per arrivare al regolamento del conflitto cino-giapponese. Quanto a Matsuoka, tornato dal suo viaggio, desiderava che in caso di guerra tedesco-sovietica, il Giappone combattè si affiancò la Germania. Chiedeva anche che fosse proposto agli Stati Uniti un patto di neutralità. In generale si trattava di un approccio estremamente confuso, cosa che lo indusse anche mandare verso la fine di maggio un messaggio al suo Ribbentrop chiedendogli di vita ad ogni costo una guerra contro la Russia. Quando il 22 giugno del 1941 La Germania attaccò l'Urss, Matsuoka invocò dall'imperatore l'ingresso in guerra del Giappone. Il principe Konoye vi si oppose.

Le decisioni giapponesi (giugno-luglio 1941)

La politica giapponese fu definita nelle conferenze dalla fine di giugno e gli inizi di luglio, nelle quali l'esercito fece prevalere le sue opinioni. Quella del 25 giugno decise l'estensione dell'influenza giapponese in Indocina e in Thailandia. Quella del 2 luglio, decise di spingere Ciang Kai Scek alla capitolazione con una manovra da sud. I preparativi per un eventuale guerra contro gli Stati Uniti l'Inghilterra sarebbero stati completati. Per sbarazzarsi di ogni opposizione, il gabinetto Konoye fu costretto a rassegnare le dimissioni il 16 luglio.

Il primo risultato delle decisioni del 25 giugno e del 2 luglio fu l'occupazione dell'Indocina. Si sa che verso la fine del settembre del 1940, il Giappone aveva ottenuto dei vantaggi dell'Indocina del nord. Aveva in seguito preso parte alla lotta che la Thailandia aveva iniziato contro la Francia (novembre 1940). Anche se le truppe francesi e la marina riportarono qualche   successo, la pressione giapponese non tardò a manifestarsi. Mentre il rapporto di alleanze cooperazione tra Giappone e la Thailandia aumentava, nel gennaio del 1941 quest'ultima accettò la mediazione giapponese sul conflitto scatenato contro la Francia. Minacciata da un intervento giapponese, nel marzo del 1941 il governo di Vichy si era rassegnata cedere alcuni territori della Cambogia e del Laos alla Thailandia. Un trattato di pace era stato firmato nel maggio del 1941.

Ma alla fine del giugno del 1941 con l'appoggio della diplomazia tedesca, il governo giapponese avanzò nuove rivendicazioni a proposito dell'Indocina. Si chiedeva il diritto di occupare nuovi aereoporti e nuove basi navali. In caso di rifiuto l'esercito giapponese si sarebbe impadronito con la forza di questi obiettivi.

Di fronte a queste pressioni, probabilmente sopportati da Berlino, il governo di Vichy cedette e con l'accordo del 31 luglio 1941 sanzionò le rivendicazioni giapponesi. Il Giappone avrebbe potuto inviare delle truppe dell'Indocina del sud; lo scopo di questo era in realtà minacciare Singapore è. L'occupazione ben immediatamente a partire dalla Cina del sud, dove le truppe giapponesi erano molto numerosi.

Di fronte a questa situazione piena di minacce, Gran Bretagna e Stati Uniti decisero di reagire energicamente. Sin dal 20 giugno era stata vietata l'esportazione dei prodotti petroliferi provenienti da tutti porti americani. In luglio ebbero luogo diverse conversazioni anglo-americane per studiare le rappresaglie da adottare nel caso in cui il Giappone avesse effettivamente invaso l'Indocina. Il 24 luglio si apprese che navi da guerra da trasporto cariche di truppe giapponesi erano in viaggio verso il sud dell'Indocina. Il 25 luglio, il presidente Roosevelt chiese di congelare tutti i fondi giapponesi negli Stati Uniti, cosa che danneggia notevolmente gli acquisti nipponici e permise al governo di interrompere ogni eventuale esportazione di prodotti petroliferi verso il Giappone. Si è Roosevelt e Churchill ritenevano che questa misura avrebbe scoraggiato l'intervento in guerra del Giappone nell'immediato. Il governo delle Indie olandesi avrebbe voluto l'assicurazione che gli Stati Uniti sarebbero intervenuti se il paese fosse stato attaccato, ma il governo americano rifiutò di assumersi una simile responsabilità.

In occasione dell'incontro dell'Atlantico tra Roosevelt e Churchill nell'agosto del 1941 al largo di Terranova, la minaccia giapponese costituì uno degli argomenti principali di conversazione fra due uomini di Stato.

Churchill era più pessimista rispetto ad alcune settimane prima e proponeva che fosse dato al Giappone un avvertimento esplicito: proseguendo la sua espansione verso sud rischiava la guerra generale. Roosevelt accettò questo suggerimento, a condizione che fosse accompagnato da un'offerta di conversazioni con il Giappone. Ma Cordel al ritenne che in tal modo questo basta avrebbe esasperato il Giappone. Così ci si limitò due avvertimenti separati.

Gli ultimi i negoziati e il loro fallimento

il governo giapponese pensava di proporre degli incontri personali fra Konoye e Roosevelt e cercò di mitigare l'effetto prodotto sull'opinione pubblica internazionale dalle dichiarazioni dei governi inglesi e americane. Ma Roosevelt si oppose a ciò, nel timore che si sarebbe risolto in una specie di conferenza di Monaco asiatica. Il fallimento di questo progetto affrettò la caduta del governo Konoye. L'idea che i metodi diplomatici erano ormai superati si andava facendo strada in Giappone. Il cinque il 6 settembre una conferenza presieduta dall'imperatore ebbe luogo, dove fu dibattuto il programma della politica giapponese. Si decise che laddove metodi diplomatici non fossero stati più utili per raggiungere un accordo, il Giappone avrebbe mosso guerra agli Stati Uniti all'Inghilterra, e all'Olanda. Il capo di Stato Maggiore dell'esercito dichiarò che la campagna nei mari del sud sarebbe terminata in tre mesi. L'imperatore avanzò seri dubbi in proposito. In effetti l'esercito riteneva che le riduzioni considerevoli della fornitura di prodotti petroliferi e di molte altre materie prime da parte degli Stati Uniti rendeva necessaria una rapida conquista del sud-est asiatico. Ciò implicava la necessità di cacciare gli inglesi da Singapore e gli americani dalle Filippine e dalle altre isole del Pacifico. La data più favorevole per un'operazione di questo tipo sarebbe stata fra ottobre e novembre, al più tardi dicembre. Poiché si era già all'inizio di ottobre, bisognava prendere una decisione. Dopo alcuni giorni di aspre discussioni, prevalse il partito della guerra rispetto a Konoye, che rassegnò definitivamente le dimissioni. Il due e il 5 novembre una conferenza stabilì che sarebbero state fatte agli Stati Uniti delle proposte finali e che se, il 25 novembre, non fosse stata raggiunta alcun accordo, l'imperatore avrebbe deciso nella guerra. Le proposte giapponese precisavano:
uno. Che sarebbe stata accettato il principio dell'uguaglianza economica in Cina e nel Pacifico, se questo uguaglianza fosse stata ammessa nel resto del mondo; nuova linea due. Che dell'unità giapponesi sarebbero rimaste nella Cina del Nord, in Mongolia e nella regione di Hainan per circa 25 anni: le altre truppe giapponesi sarebbero state ritirate dalla Cina entro due anni seguenti ristabilimento della pace dell'ordine; nuova linea tre. Che le forze giapponese in Indocina sarebbero state ritirate quando fosse stata conclusa una giusta pace in estremo oriente.

Se queste proposte, dette "proposte A", fossero state respinte sarebbero state avanzate delle nuove proposte, chiamate Di, per ottenere un modus vivendi. Queste differivano dalla prima in quanti giapponesi si dichiaravano pronti ad evacuare immediatamente il sud dell'Indocina se fosse stato firmato un accordo o gli Stati Uniti, che avrebbero aiutato il Giappone ad ottenere dal Indie olandesi i prodotti di cui aveva bisogno. Il Giappone avrebbe ottenuto compensi in termini di forniture di prodotti. Inoltre gli Stati Uniti non avrebbero aiutato La Cina nella sua lotta contro il Giappone.

Le "proposte A" furono presentate a Cordell Hull La sera del 7 novembre del 1941. Il 10 novembre Roosevelt è praticamente le respinse dichiarando che prima di qualsiasi decisione, il Giappone avrebbe dovuto ritirare le sue truppe della Cina. Furono allora presentate dall'ambasciatore giapponese le "proposte Di", il 20 novembre, che furono però dichiarate subito inaccettabili.

In accordo con il governo britannico, il governo americano respingendo ufficialmente tutte le proposte, offrì all'ambasciatore giapponese una serie di controproposte basate sui principi del diritto internazionale: il Giappone e gli Stati Uniti avrebbero facilitato la firma di patti di non aggressione fra tutti paesi interessati ai problemi dell'estremo oriente. Il Giappone avrebbe ritirato tutte le sue truppe dalla Cina dall'Indocina. È evidente che queste proposte erano assolutamente contrarie alle ambizioni militari giapponesi. Ma non s'immaginava ne nell'opinione pubblica americana, né nei circoli governativi e neppure negli ambienti militari della guerra contro il Giappone fosse imminente. In quel momento, in particolar modo, i preparativi militari americani erano insufficienti.

Il 6 dicembre il presidente Roosevelt indirizzò un ultimo messaggio al imperatore Hiroito. Bisogna ricordare che servizi segreti americani erano riusciti a decifrare i codici giapponesi e conoscevano il senso generale delle proposte nipponiche.

Pearl Harbor

Il 26 novembre, una potente flotta giapponese lasciò le isole Curili e navigava verso Pearl Harbor, nelle isole Hawaii.

La Germania aveva fatto sapere più riprese che si il Giappone fu senza di in guerra contro Gran Bretagna e gli Stati Uniti, si sarebbe immediatamente schierata al suo fianco e avrebbe dichiarato guerra agli Stati Uniti. Il 1 dicembre una conferenza imperiale decise definitivamente l'ingresso in guerra del Giappone. Si tratta ormai di favorire l'effetto sorpresa, fingendo di continuare negoziati.

La mattina del 7 dicembre, i giapponesi attaccavano Pearl Harbor, distruggendo o danneggiando gran parte della flotta del Pacifico. Nel frattempo sbarcavano con delle truppe in Malesia. Il governo americano, mentre prevedeva un attacco in Siam o in Malesia, sembrò essere stato completamente colto di sorpresa per l'attacco a Pearl Harbor. Non era stata presa alcuna precauzione. In effetti questo attacco diede all'opinione pubblica americana un impulso senza il quale la guerra non sarebbe stata possibile. Gli Stati Uniti furono brutalmente cacciati nel conflitto, che diveniva una guerra mondiale.
l'11 dicembre Germania e Italia dichiararono guerra agli Stati Uniti.