Fin dalla prima assemblea del 1920 era stata costituita una “Commissione permanente per le questioni militari”, seguita dalla cosiddetta risoluzione 14, con la quale si affermava che, per avviare il disarmo generale, tutti gli stati dovevano poter accedere ad un accordo difensivo di mutua assistenza tra tutti gli stati membri.
Dopo vari progetti falliti, nella riunione del 1924 (che per l’importanza del tema trattato vedeva la presenza di capi di governo come Henriot) fu discusso il progetto presentato dal ministro degli esteri cecoslovacco Benes e conosciuto con il nome di “protocollo di Ginevra”.
Il protocollo affermava che ogni controversia internazionale sarebbe stata giudicata sia dalla Corte di Giustizia internazionale e sia (elemento nuovo) da un arbitrato internazionale.
Se uno stato si fosse rifiutato di accettare l’arbitrato o le sue decisioni, sarebbe incorso in sanzioni economiche e militari e, con il voto dei due terzi degli stati facenti parte del Consiglio, tutti i membri sarebbero stati costretti ad imporre le sanzioni decise dal Consiglio (precedentemente il consiglio doveva votare all’unanimità e non poteva imporre il suo voto all’Assemblea).
Infine, gli stati firmatari si sarebbero impegnati a partecipare ad una conferenza per la riduzione degli armamenti.
Nella successiva sessione del 1925, il nuovo premier inglese Chamberlain (sostenuto dall’Italia) criticò fortemente il protocollo: egli non considerava efficaci le sanzioni economiche e la mutua assistenza avrebbe comportato, data l’estensione dell’impero, l’intervento inglese troppo spesso.
Con l’opposizione dei Dominions (che non volevano partecipare agli affari europei) e degli Stati Uniti (che non volevano interferenze europee in America latina) il progetto fallì definitivamente.
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