sabato 27 febbraio 2010

Parte I, Capitolo IV, Paragrafo II La situazione in Estremo Oriente: il Giappone e la Cina.

 

Con il nuovo esercito i giapponesi operano una rivincita sulla Cina, occupando nel 1894 la penisola coreana, dalla quale erano partite tutte le passate incursioni cinesi sul suolo giapponese.

Nonostante questa vittoria, però, i giapponesi non poterono annettere la Corea, poiché vi fu un intervento delle potenze occidentali (la cosiddetta “Triplice dell’estremo oriente”, formata da Germania, Russia e Francia) che non volevano la presenza dei giapponesi sul continente asiatico; esse imposero la decisione al Giappone con l’invio delle loro tre flotte orientali.

Come reazione a questa imposizione i giapponesi stipulano un accordo marittimo con l’Inghilterra nel 1902, il quale prevede il sostegno giapponese all’impero inglese in India, in cambio di un aiuto dell’Inghilterra alla flotta giapponese (accordo che perse ogni sostanziale valore dopo il “Trattato delle quattro potenze del Pacifico”, che sanciva lo status quo in quell’ambito).

La prima “vendetta” contro gli stati della Triplice dell’Estremo oriente fu operata dai giapponesi ai danni della Russia, con una guerra vinta dai giapponesi nel 1904-1905, ottenendo il controllo della ferrovia sub-manciuriana (parte importante della Transiberiana), i diritti di presidio in Corea (poi annessa definitivamente nel 1910) e la possibilità di inserire capitali giapponesi nella costruzione della Transiberiana.

Durante la Prima Guerra Mondiale è saldato il conto con la Germania, occupando in due mesi tutte le colonie tedesche in Estremo Oriente (lo Xiantung e le Isole Marianne).

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Lo Xiantung

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La conquista dello Xiantung è usata come base per una penetrazione in Cina: i giapponesi impongono una sorta di assistenza tecnica e politica al debole governo cinese, sancita con il “Trattato delle 21 domande” del 1915.

Alla conferenza di pace il Giappone chiede il riconoscimento delle conquiste fatte ma si scontra con l’opposizione soprattutto degli Stati Uniti, che lo vede come un pericoloso nemico ad oriente; per forzare gli americani i giapponesi chiedono un trattato internazionale sull’eguaglianza delle razze, il quale avrebbe penalizzato quegli stati (come gli USA) che praticavano la segregazione razziale. Ed infatti il Giappone vide riconosciute le sue richieste nel trattato di Versailles, compresa l’occupazione dello Xiantung.

Possiamo dire che negli Stati Uniti, questa vittoria diplomatica giapponese, fu una delle cause che non fecero approvare il trattato, (oltre al patto di difesa militare che li legava alla Francia).

Il contrasto nippo-americano continuerà negli anni successivi. sino all’attacco giapponese a Pearl Harbor e all’attacco atomico americano.

La Cina.

La Cina compare sulla scena internazionale con le “Guerre dell’Oppio” del 1840, alle quali seguono i cosiddetti “Trattati ineguali”, con cui gli stati europei ottengono molti privilegi nella gestione di beni, servizi e commerci sul suolo cinese: (concessi con il consenso dei potentissimi amministratori locali, i Mandarini), nonché regole privilegiati sull’extraterritorialità.

Solo gli Stati Uniti mantengono il “principio della porta aperta”, protestando contro il mantenimento di zone privilegiate al commercio di prodotti europei.

Nel 1899 si ha un risveglio nazionalista cinese, che esplode con la “rivolta dei Boxers” contro il quartiere delle ambasciate.

L’insurrezione ha un esito fallimentare poiché gli stati europei organizzano una spedizione militare che riprende il controllo del paese.

Un processo di modernizzazione fu avviato da Sun Yat-Sen nei primi anni del secolo: si ha un parziale abbandono del vecchio ordinamento che si attua soprattutto con l’allontanamento pacifico dell’Imperatore.

Tuttavia il paese è diviso sotto il controllo di varie autorità ed il governo di Sun Yat-Sen è esiliato a Canton, mentre a Pechino se ne forma un altro portando il paese ad una guerra civile che rende molto più difficoltosa la conquista della piena indipendenza dello stato dai paesi europei.

Ad approfittare di questa situazione è soprattutto il Giappone, che impose alla Cina l’accettazione del “Trattato delle 21 domande”, chiedendo l’assenso ad una “assistenza” di ministri giapponesi nel governo cinese e di forti comunità in Manciuria, nonché il controllo dello Xiantung (allora colonia tedesca).

Mentre le potenze europee davano via libera al Giappone, gli americani si schieravano con la Cina, facendola entrare in guerra contro la Germania per partecipare da paese libero e vincitore alle trattative per la pace.

Ma, trovandosi Stati Uniti e Giappone nella stessa coalizione, essi dovettero raggiungere un accordo: nel novembre 1917 gli americani riconoscono la presenza giapponese in Cina, mentre questi ne assicurano l’indipendenza.

Gli Stati Uniti appoggiano la Cina in funzione anti giapponese e il problema della ormai prossima avanzata nipponica sul continente asiatico è ripreso proprio durante la conferenza di Washington.

I cinesi chiedevano la revisione dei “Trattati Ineguali” e la fine delle usurpazioni territoriali straniere: Stati Uniti ed Inghilterra erano favorevoli, secondo il “principio della porta aperta”, ad una revisione che favorisse la Cina (ostacolando le ambizioni giapponesi), la Francia era disposta a fare piccole concessioni, il Giappone era contrario sostenendo l’instabilità della situazione interna cinese come pretesto per non attuare le revisioni.

Dopo accese discussioni i cinesi ottennero solo un impegno dalle potenze a rispettare l’indipendenza e l’integrità territoriale della Cina, a mantenere legami commerciali e a non approfittare della situazione interna dello stato.

Gli occupanti non ritiravano le loro truppe e non concedevano l’indipendenza doganale, l’extraterritorialità non fu abolita poiché si riteneva che l’organizzazione giudiziaria cinese non offrisse sufficienti garanzie.

Questi accordi composero il “Trattato delle nove potenze” (febbraio 1922).

Per quanto riguardava i rapporti con il Giappone, la Cina chiese la revisione del “trattato delle 21 domande” e l’annullamento dei diritti giapponesi nello Xiantung. I giapponesi imposero dei colloqui bilaterali e, sotto la minaccia statunitense di un forte riarmo navale, con l’accordo del febbraio 1922 accettarono di evacuare le truppe dallo Xiantung e restituire alla Cina il controllo delle ferrovie su questo territorio; il “trattato delle 21 domande” rimase in vigore ma il Giappone di fatto rinunciò a molti dei privilegi che questo “accordo” gli attribuiva. In cambio di tutte queste concessioni i giapponesi ottennero la già accennata supremazia navale nel pacifico.

- Durante e dopo la conferenza di Washington, la Cina continuava ad essere sconvolta dalla guerra civile; il governo momentaneamente riconosciuto dall’occidente era quello di Pechino, mentre un secondo governo guidato dal partito nazionalista di Sun Yat sen (Kuomintang) era di stanza a Canton e vari generali occupavano d'autorità alcune province nel nord del paese.

Il problema che si poneva alle potenze era sapere con quale governo trattare.

Particolari furono le relazioni tra Cina ed Unione Sovietica:

Dal 1923 al 1927 i sovietici riconobbero come legittimo il governo di Canton, stabilirono strette relazioni con Sun Yat Sen, addestrarono le armate del Kuomintang e cercarono di riformare il partito dall’interno in direzione comunista, perorando in Giappone e all’estero la revisione dei “Trattati ineguali”; in cambio ottennero l’occupazione militare della Mongolia esterna, che nel 1924 fu trasformata in una “Repubblica Popolare”.

Ma i rapporti ebbero fine con la morte di Sun Yat sen; il nuovo capo del Kuomintang, Chiang Kai-shek, operò una netta rottura con i russi, i quali nel 1927 interruppero le relazioni diplomatiche con Canton.

Contemporaneamente i sovietici negoziavano un accordo con il governo di Pechino che fu firmato nel maggio 1924.

Questo trattato fu il primo per la Cina negoziato su basi paritarie: infatti, i cinesi riconoscevano il governo sovietico della Russia, in cambio tutti i trattati tra la Cina ed il governo zarista erano annullati, la Mongolia esterna era data completamente alla Cina, i sovietici rinunciavano alla “indennità dei Boxer” e ritiravano le loro truppe dalla zona della ferrovia orientale cinese (che era diretta dai russi in attesa del riscatto, con alcuni membri cinesi nel consiglio di amministrazione); i sovietici rinunciavano anche ai loro diritti di extraterritorialità sul suolo cinese.

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Mongolia interna e Mongolia Esterna

Intanto nel 1926 Chiang Kai-shek iniziava la sua lotta di unificazione della Cina, che si concluse vittoriosamente nel 1928 con la conquista di Pechino.

L’anno seguente egli decise di cambiare il direttore russo della ferrovia orientale con uno cinese. I sovietici risposero attaccando la Manciuria del nord e, nel dicembre 1929 sconfissero duramente i cinesi.

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La Manciuria

Tuttavia la questione della ferrovia non fu risolta e, quando nel 1931 i giapponesi attaccarono la Manciuria, vi era ancora un direttore cinese.

- Gli accordi di Washington cominciarono ad essere applicati nel 1922 (conferenza di Shanghai sulle tariffe doganali, istituzione di una commissione d’inchiesta sull’extraterritorialità per stabilire la sicurezza per i cittadini occidentali in Cina e l’efficienza del sistema giudiziario);

Ma intanto continuava l’occupazione sempre più odiosa agli occhi della popolazione, cosicché nel 1925 scoppiò a Shanghai una forte rivolta anti-occidentale guidata dai nazionalisti; nella città la polizia inglese uccise nove cinesi e la flotta francese mitragliò Canton.

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Le trattative erano fatte con il governo di Pechino ma nel 1926 cominciò l’avanzata vittoriosa del Kuomintang; scosse dalle violenze e per la perdita di potere del governo rappresentativo, le potenze decisero di proporre una revisione dei trattati se la Cina avesse espresso un governo solido con il quale trattare. Nel 1928 iniziarono le trattative con il governo nazionalista del Kuomintang che era riuscito ad unificare la Cina, il solo Giappone si rifiutava di mettere in discussione gli accordi.

A partire dal luglio di quell’anno il governo nazionalista cinese ottenne la firma di vari trattati che riconoscevano alla Cina l’autonomia doganale, mentre per il problema dell’extraterritorialità le potenze chiedevano un ulteriore miglioramento dei codici, quindi la situazione rimase immutata.

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