giovedì 18 marzo 2010

L’espansione giappone e gli inizi della guerra della Cina (1934-1939)

Parte II, Capitolo VI, Paragrafo III

 

IL Giappone pur non avendo per proprio governo fascista, era dominato da tendenze espansionistiche ed imperialistiche. Quest'atteggiamento si manifestò principalmente sotto due profili: la corsa agli armamenti navali e nella guerra contro la Cina.

 

Gli armamenti navali.

Sul piano navale, il Giappone era firmatario degli accordi di Washington (1922) e di Londra (1930). Mentre l'Inghilterra aveva quasi raggiunto i limiti fissati con un certo numero di vecchie navi (i trattati stabilivano delle proporzioni relative al tonnellaggio delle navi fra le varie potenze), il Giappone aveva spinto le sue costruzioni navali in modo da raggiungere il 95% di quanto gli era permesso, mentre gli Stati Uniti nel 1933 avevano solo il 65% del tonnellaggio che era loro concesso. Roosevelt e il segretario la marina incoraggiati dal segretario di Stato, annunciarono l'intenzione di proseguire le costruzioni navali fine limiti permessi. Quest'atteggiamento incoraggiò il Giappone a sbarazzarsi dell'intralcio di questi trattati, cosicché il bilancio navale di questo paese raddoppiò nel periodo che va dal 1931 al 1934. Inoltre, si riunì a Londra nel 1935 una conferenza per discutere sugli armamenti navali. I dirigenti giapponesi decisero di rivendicare la parità navale con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna e, in caso di rifiuto, di denunciare gli accordi di Washington e di Londra, ciò che avrebbe significato la ripresa della corsa agli armamenti navali. Sebbene Roosevelt avesse deciso di dare un gesto distensivo, trasferendo nell'aprile del 1934 la flotta americana del Pacifico verso l'Atlantico, il ministro giapponese degli affari esteri annunciò ufficiosamente che il Giappone aveva deciso di denunciare il trattato di Washington (settembre 1934). Gli Stati Uniti l'Inghilterra, obbliga di suddividere la loro flotta tra diversi oceani, rifiutarono energicamente di accettare la parità. In queste condizioni, nel dicembre del 1934, il Giappone dichiarò che dal 31 dicembre 1936 avrebbe rinunciato i limiti fissati dal trattato di Washington.

La conferenza navale di Londra.

La conferenza navale di Londra ebbe tuttavia luogo nel dicembre del 1935, protraendosi sino alla fine di marzo del 1936, che riuniva gli Stati Uniti, il regno unito, la Francia, il Giappone e l'Italia. Le circostanze non erano affatto favorevoli, tanto più che era in corso la guerra italo-etiopica e che l'Inghilterra, senza consultare le altre potenze, aveva firmato nel giugno del 1935, un trattato navale con la Germania. Ancora una volta i giapponesi reclamavano la parità navale, ma le loro rivendicazioni urtarono contro l'opposizione americana e inglese. Nel gennaio del 1936 tutte le altre potenze, eccetto il Giappone, rifiutarono di acconsentire alle richieste giapponesi. Allora il Giappone si ritirò della conferenza, mantenendo solamente un osservatore. Il ritiro del Giappone diminuì notevolmente i risultati La conferenza. Essa si sciolse nel marzo del 1936, ma era evidente che presto o tardi, la corsa degli armamenti navali sarebbe ripresa, esattamente com'era accaduto per gli armamenti terrestri.

La ripresa dell'espansione giapponese in Cina.

Per quasi due anni, la tregua tra Giappone Cina (maggio 1933) fu rispettata. Ma il Giappone ne approfittava per organizzare solidamente l'occupazione del Manciukuò. Peraltro era sempre più preoccupato di vedere il governo nazionalista cinese, diretto da Ciang Kai Scek, sforzarsi di modernizzare La Cina per assicurare la sua indipendenza. Se vi fosse riuscito sarebbe stata la fine dei sogni giapponesi nell'estremo oriente e presto tardi una grave minaccia sarebbe pesata sul Giappone. Così a partire dalla primavera del 1935, il Giappone riprese la sua politica espansionistica.

Nell'agosto del 1935 il ministro giapponese degli affari esteri propose alla Cina la sottoscrizione di un accordo con il quale riconoscesse l'esistenza del Manciukuò e si accordasse con il Giappone per combattere i comunisti. Ma Chang Kai Scek rifiutò. I giapponesi cominciarono allora a costruire una specie di Stato autonomo nella Mongolia interna. Diffusero anche La voce che questo governo autonomo avrebbe potuto essere stesso altre province cinesi. In tal modo si sarebbe creato un nuovo Stato, simile a quello del Manciukuò. Ma queste notizie erano premature: il governo giapponese, preoccupato di vedere Ciang Kai Scek inviare 150.000 uomini alla frontiera meridionale di queste province, e senza dubbio tremendo atto una guerra contro la Russia, destituì il generale giapponese che ne era responsabile.

 

Negoziati con l'Urss.

L'Urss seguiva con preoccupazione i progressi della penetrazione giapponese in Cina. Essa aveva cercato di essere conciliante riconobbe in effetti il nuovo Stato del Manciukuò. Ma fin dall'ottobre del 1935 si ebbero gravi incidenti di frontiera fra il Manciukuò e la Siberia, fra le truppe sovietiche e le pattuglie comandate da ufficiali giapponesi. Più ad ovest, nel marzo del 1936, truppe giapponesi provenienti da Mongolia interna erano penetrate nella Mongolia esterna e si erano scontrate con truppe mongole. Ne era risultata nel marzo del 1936 la firma di un trattato di assistenza fra l'Urss e la Repubblica popolare mongola.

Nel novembre del 1935 riprese l'espansione giapponese. Truppe giapponesi penetrarono nella regione di Pechino e di Tientsin. Le guarnigioni cinesi rimasero al loro posto e Ciang Kai Scek, non avendo completa di preparativi, preferì accettare lo stato di fatto.

Ci si rese conto che questa situazione estremamente pericolosa essendo alla mercé di minimi incidenti. Ciang Kai Scek era tuttavia sempre più deciso a resistere.

Il patto anti-Komintern.

Il 25 novembre del 1936 fu firmato il patto anti-Komintern fra Germania Giappone. Questo trattato aveva teoricamente lo scopo di organizzare la difesa contro la stampa comunista. In effetti significava che la Germania nonostante lo sviluppo del suo commercio con la Cina, gli ammetteva l'espansione giapponese. Nonostante il diniego dei firmatari vi era un accordo segreto allegato al patto. L'articolo uno dichiarava che se uno dei due paesi fosse stato minacciato o attaccato dall'Urss senza provocazione l'altro non avrebbe lodato l'Urss e sarebbero state organizzate delle consultazioni. L'articolo due affermava che né l'uno né l'altro dei firmatari avrebbe concluso un accordo politico con l'unione sovietica senza il consenso dell'altro.

Per protesta, l'Urss decise di avvicinarsi alla Cina e chiese al partito comunista cinese di interrompere la guerra civile e di offrire una collaborazione amichevole al governo del Kuomintang per la lotta contro il Giappone.

L'inizio della guerra cino-giapponese.

Nel 1937 l'espansione giapponese in Cina subì una profonda trasformazione. Invece di continuare la sua politica di conquiste progressive, il Giappone iniziò una guerra che, sebbene non dichiarata, presentò immediatamente tutti i caratteri di una lotta senza vita. Il Giappone voleva stabilire un per proprio protettorato sulla Cina, impedendole di industrializzata si, di creare un esercito forte, di risvegliare un sentimento nazionale. È da notare che in tali occasioni, dopo lo scoppio della guerra, i rappresentanti giapponesi all'estero dichiararono che il loro paese non cercava di annettere alcuna parte del territorio cinese. In effetti il sistema utilizzato nel Manciukuò si rivelava molto pratico. L'ideale sarebbe stato sostituire Ciang Kai Scek con uno pseudo-governo cinese fedele giapponesi.

La guerra vicina scoppiò in seguito ad un incidente avvenuto nei pressi di Pechino, usato dai giapponesi come pretesto persi primi di luglio del 1937. Pechino fu conquistati in due giorni. Ciang Kai Scek inviò dei rinforzi, ma i giapponesi fecero stesso. Per lasciare il tempo a rinforzi di giungere, i giapponesi si prestano ad un negoziato. Ciang Kai Scek rifiutò e accettò di negoziare sola condizione che nel frattempo le truppe giapponesi evacuassero le posizioni conquistate. Subito il comandante in capo giapponese, deciso ad un'azione in grande stile, ruppe le trattative il 25 luglio, indirizzando ultimatum al comandante cinese chiedendo l'evacuazione di Pechino. Il 26 dicembre iniziò la guerra senza che questa fosse dichiarata. Anche il governo cinese rifiutò di dichiarare La guerra, perché considerava i giapponesi come dei pirati e una direzione di guerra, secondo il diritto internazionale, avrebbe dato alle loro azioni una sanzione di legalità.

La guerra.

Pechino fu conquistata in soli due giorni. Le forze giapponesi si diressero immediatamente verso sud e in agosto sbarcarono presso Sciangai, che fu conquistata alla fine di ottobre. Infine i giapponesi marciarono verso ovest risalendo il fiume Yang-Tse-Kiang, prendendo l'inchino. Nel gennaio del 1938 ebbero luogo altri due sbarchi importanti nello Shantung, l'altro invece a Canton, siede del governo nazionalista. Ciang Kai Scek fu costretto a spostare il governo in una regione remota interna, dove condusse una resistenza ad oltranza, mentre un po' dappertutto si organizzavano delle guerriglia. Benché i cinesi avessero riportato nel corso del 1938 alcune battaglie vittoriose, queste non furono decisive. Non fecero altro che convincere i giapponesi che avrebbero potuto vincere i loro avversari solo se quest'ultimi non avessero più ricevuto armi e munizioni dall'estero. A partire dal 1938 fino al 1944, La campagna di Cina rallentò. I giapponesi non scatenarono offensive e si limitarono ad allargare progressivamente le zone conquistate.

Piuttosto che con una vittoria militare, il governo giapponese cercò di vincere suo avversario con l'asfissia, tagliando una dopo l'altra le sue vie di rifornimento di armi e munizioni.

I tentativi di pace.

Pur proseguendo la lotta, il governo giapponese in due occasioni fece conoscere alla Cina le suo condizioni di pace:

uno. Nel dicembre del 1937, prima dell'attacco di Nanchino, il Giappone esigeva dei vantaggi economici considerevoli. Reclamava la creazione di una zona smilitarizzata nella Cina del Nord, sotto controllo effettivo giapponese; reclamava l'autonomia della Mongolia interna; voleva l'adesione della Cina al patto anti-Komintern. Ciang Kai Scek rifiutò queste proposte.

Due. Nel dicembre del 1938, giapponesi proposero al in circa le stesse condizioni. Pretesero che prima di qualsiasi negoziato il governo di Ciang Kai Scek fosse rovesciato. Non parlava più di autonomia della Mongolia interna, ma avanzavano una nuova richiesta: il mantenimento temporaneo di guarnigioni giapponesi in alcune regioni della Cina. Queste proposte non ebbero alcun seguito.

Restava il metodo consistente lo stabilire un governo satellite. I giapponesi avevano creato nei territori occupati un "partito del rinnovamento del popolo", copiato dal Kuomintang. Questo partito aveva però poche influenza. Nel corso del 1938 furono iniziati dei negoziati con un dirigente del Kuomintang, che dopo lunghe trattative accettò di fondare a Nanchino nel gennaio del 1940, un "governo centrale della Repubblica cinese" fedele giapponesi, che entrò in funzione nel marzo del 1940. In cambio, il 30 novembre dello stesso anno, il Giappone si impegnò a rispettare la sovranità della Cina. L'esercito giapponese avrebbe potuto mantenere delle guarnigioni nella Cina del Nord, in Mongolia interna e nei grandi porti, per due anni dopo la disfatta di Ciang Kai Scek. Dopo di che, avrebbe evacuato il paese. L'importante per il Giappone era di trasformare La Cina in uno Stato vassallo, ma la resistenza del generale Ciang Kai Scek mandava a monte questo piano. Subito si ci si accorse che l'influenza del nuovo partito fondato era sei debole e che senza l'appoggio delle forze giapponesi non sarebbe data da crollare.

L'atteggiamento degli Usa.

Quale fu l'atteggiamento delle potenze di fronte a questi avvenimenti? La guerra vicina era dovuta incontestabilmente ad un'aggressione del Giappone. Il Giappone predicavano politica contraria sia alla "trattato delle nove potenze" firmata Washington nel 1922, si al patto Briand-Kellog. Questa aggressione poteva essere solo fermata con un'azione comune delle potenze interessate, specialmente dell'Inghilterra e degli Usa. L'Urss era nel 1937 in preda a serie difficoltà interne. Ora nel giugno del 1937, poco prima dello scoppio della guerra, Cordell-al aveva fatto sapere al nuovo primo ministro inglese Chamberlain, che gli Stati Uniti erano contrari ad un'azione comune concertata.

Così Roosevelt si limitò il 10 agosto ad un passo comune con gli inglesi, i tedeschi, i francesi e gli italiani per impedire le ostilità nella regione di Sciangai. Ma questo passo non ebbe alcun effetto. Gran parte dell'opinione pubblica americana reclamava il ritiro dei due 1000 cinquecento soldati americani dispersi in Cina e l'evacuazione dei civili.

D'altra parte il presidente Roosevelt, approfittando del fatto che la guerra non era stata dichiarata, si astenne dal mettere in vigore le leggi di neutralità, la quale avrebbe impedito agli Stati Uniti di fornire armi La Cina e, in virtù della clausola Cash and Carry, avrebbe favorito il Giappone che sola possedeva una flotta per l'acquisto del materiale e dei prodotti non militari. Così gli Stati Uniti si limitarono a condannare moralmente l'aggressione giapponese, pur continuando l'invio di armi alla Cina nazionalista.

La società delle nazioni e la conferenza di Bruxelles.

La società delle nazioni mantenne un atteggiamento esitante. La Cina le aveva indirizzato un appello nel settembre del 1937, poco dopo l'ultima ad un giapponese. La società delle nazioni incaricò la "commissione consultiva dell'estremo oriente", creata nel 1933 per studiare il problema della Cina, di trovare una soluzione. Poi il 6 ottobre adottò una risoluzione che denunciava l'atteggiamento giapponese, perché contrario al trattato delle nove potenze e al patto Briand-Kellog, ma guardandosi bene dal dichiarare il Giappone come aggressore o di votare sanzioni. Essa suggeriva i firmatari del trattato delle nove potenze si riunissero in una conferenza per sugli alimenti per porre fine al conflitto.

L'atteggiamento dell'Urss.

Quanto all'Urss, essa si limitava a difendere le sue frontiere e quelle della Mongolia esterna. Firmò con la Cina un patto di non aggressione nell'agosto del 1937. Le forniva del materiale bellico attraverso la Mongolia esterna.

Fin dall'inizio del 1938, i giapponesi protestarono contro queste forniture di armi e si verificarono diversi incidenti, soprattutto a proposito della pescheria giapponesi di Sakhalin. Il più grave di tutti fu quello noto come quello del conflitto del lago Hasan. In seguito ad una serie di incidenti di frontiera l'esercito giapponese attaccò quello sovietico ma il 10 agosto l'Urss propose un armistizio che stabiliva che le due parti sarebbero rimasti sulle loro posizioni e la frontiera sarebbe stata fissata in seguito da una commissione composta da giapponesi, sovietici e un mediatore neutrale. I giapponesi accettarono una tregua, ma non La nuova delimitazione le frontiere e le operazioni terminano.

La tregua non migliorò le relazioni fra due paesi tanto che nel marzo del 1939 Stalin denunciò La politica aggressiva del Giappone e si dichiarò contrario al sistema del non intervento radicato gli occidentali. Anche nel maggio del 1939 si verificò un nuovo incidente. Nel settembre del 1939 fu conclusa fra l'Urss e il Giappone una tregua. Questa volta le operazioni erano state più favorevoli ai sovietici che non è giapponesi. Tuttavia in occasione di tutti questi conflitti di frontiera, le relazioni fra i due paesi non mutarono nei si trattò di conflitti di natura tale da provocare un conflitto generale tra il Giappone l'Urss. Senza dubbio questo dipendeva da volontà dei due paesi di non sacrificare i loro interessi vitali, che per l'Urss erano in Europa, e per il Giappone in Cina e nell'oceano indiano. Nel 1939 si assistette ad una sensibile evoluzione della politica americana così come quella giapponese.

 

Reblog this post [with Zemanta]

Nessun commento:

Posta un commento