La questione della Renania si riaccese proprio nel marzo 1936, quando la camera francese ratificò il trattato franco-sovietico. Hitler non aspettava altro: il 7 marzo denunciò il trattato di Locarno e comunicò agli ambasciatori dei paesi interessati che dei distaccamenti tedeschi (in realtà 30.000 uomini) sarebbero penetrati in Renania, nonostante i suoi generali gli avessero prospettato una sconfitta in caso di attacco francese.
Il governo francese si trovava a sei settimane dalle elezioni, i militari temevano che la Wehrmacht fosse superiore all'esercito difensivo francese e auspicavano un intervento inglese fortificando ulteriormente la linea Maginot; in questa situazione l’atteggiamento del governo e del Quai d’Orsai fu quello della rinuncia, come intuito da Hitler, nonostante l’appoggio militare offerto subito dall’URSS e dalla Polonia (quest’ultimo subito ritirato).
Gli inglesi e i belgi, infine, riuscirono a scoraggiare il già scarso bellicismo francese e si ebbe una garanzia reciproca delle frontiere tra Francia, Belgio e Inghilterra, non una vera alleanza.
L’unica reazione fu quella di sottoporre il caso alla SDN e alla corte di giustizia internazionale dell’Aja, ma Hitler rifiutò queste proposte e presentò un piano di pace che sviluppava il memorandum tedesco contro il patto franco-sovietico e prevedeva dei patti di non aggressione e il ritorno della Germania nella SDN.
La Francia rifiutò e fece una controproposta ugualmente rifiutata da Hitler, ponendo fine alle trattative; nei primi di maggio le elezioni francesi diedero la vittoria al “Fronte popolare” della sinistra e le questioni interne presero nel paese il sopravvento.
Anche il colpo di forza tedesco, come quello italiano, era perfettamente riuscito.
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