domenica 14 marzo 2010

Parte II, Capitolo V, Paragrafo III: La disfatta della Francia e l’armistizio

La disfatta militare

il 10 maggio del 1940 Hitler lanciò la grande offensiva militare contro Olanda, Belgio e Francia. La disfatta anglo-francesi sul continente era certa.

La prima sconfitta subita dai francesi avvenne fra il 10 e il 14 maggio, determinando l'esito negativo di tutte le operazioni successive.

I tedeschi riportarono due successi decisivi: gli olandesi deposero le armi il 15 maggio; le truppe tedesche penetrarono dal 14 al 16 maggio nel verde in, rompendo il fronte francese. Infatti i francesi attendevano, com'era accaduto nella prima guerra mondiale, una penetrazione tedesca dal confine belga. A tal fine era stata predisposta la linea Maginot, mentre le truppe francesi unitamente alle quattro divisioni britanniche si erano disposte lungo il confine belga. Si riteneva improbabile che le truppe tedesche potessero penetrare attraverso la regione montuosa del bene. Dopo l'attacco sorpresa del 16 maggio, il generale Gamelin dichiarò che Parigi poteva essere presa in serata. La folgorante rapidità con cui le truppe tedesche operarono lo sfondamento, testimoniava la superiorità tedesca in fatto di armamenti, oltre che una migliore padronanza dell'uso dell'aviazione. Nonostante gli sforzi fatti dalla Francia negli anni 30, lo stato maggiore francese era rimasto fermo ad una concezione difensiva e classica. Il presidente francese Raynauld, contraria generale Gamelin, nominò questo punto il generale Weygand comandanti in capo delle operazioni belliche.

La seconda fase durò dal 19 maggio fino ai primi di giugno. Lo sfondamento tedesco aveva diviso le due linee difensive: il grosso delle truppe francesi era rimasto tagliato fuori in Belgio, mentre le truppe meno equipaggiate erano rimaste in territorio francese. Nonostante gli sforzi l'operazione fallì, portò alla resa incondizionata dell'esercito belga avvenuta il 28 maggio.

 

La terza fase fu il tentativo disperato del generale Weygand di organizzare una linea difensiva lungo il fiume insomma. Ma le divisioni francesi a disposizione erano male armate e inferiori di numero alle divisioni tedesche. La battaglia durò fino al 5 giugno, quando questo fronte fu definitivamente rotto dalle truppe tedesche. Il governo abbandonò Parigi il 10 giugno, lo stesso giorno in cui l'Italia entrò in guerra.

Parallelamente a questa evoluzione militare, la diplomazia tentava di concentrarsi su due punti: il rafforzamento degli effettivi e l'intervento dell'aviazione inglese, l'atteggiamento dell'Italia.

Le richieste di aiuto all'Inghilterra

All'indomani del 13 maggio, Churchill dopo aver scoperto che la Francia non disponeva di alcuna riserva generale, decise prudentemente di rimpatriare il corpo di spedizione britannico. Tuttavia il premier britannico diede a Reynaud la figurazione che se uno dei due paesi fosse caduto nella lotta, l'altro non lo avrebbe abbandonato. Vide anche il maresciallo Pétain, il cui atteggiamento era orientato verso una pace separata. Ma la risoluzione inglese era quella di proseguire i combattimenti ad ogni costo. Churchill il 4 giugno pronunciò di fronte al Parlamento un discorso celebre, nel quale dichiarava che la Gran Bretagna non si sarebbe mai resa. Per il 6 giugno annunciò l'arrivo in Francia di due nuove divisioni britanniche. Ma da quel momento le domande francesi di soccorso non furono più soddisfatte.

Ultimi negoziati con l'Italia

L'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania, fu praticamente decisa nel corso dell'incontro tra Hitler e Mussolini al Brennero, il 18 marzo del 1940.

Il presidente francese, vedendola situazione che peggiorava, provò a contattare l'Italia offrendo amplissime concessioni territoriali nelle colonie. Il 26 maggio il presidente Roosevelt indirizzò a Mussolini un messaggio nel quale gli proponeva di divenire intermediario fra le richieste del governo italiano e quello francese e inglese.

Una volta trovata la soluzione, Roosevelt avrebbe garantito il nome degli Stati Uniti che dopo la guerra sarebbero stati raccordati all'Italia quei compensi territoriali promessi perché questa non entrasse nella lotta. Il governo italiano, peraltro, memore dell'accordo di Londra del 1915 mai onorato dagli alleati, non aveva fiducia in questo genere di promesse. Tuttavia ciano, rispose con un rifiuto. Con una lettera Mussolini comunicò a Hitler il 25 maggio, che l'Italia sarebbe entrata in guerra dopo il 5 giugno. Il Consiglio dei Ministri francese indirizzò allora la sera del 27 maggio un progetto di massicce concessioni agli italiani. Sarebbero stati ceduti degli immensi territori a spese dell'Africa equatoriale francese, assurdo della Libia e nel golfo di Guinea. Si aggiunsero anche cessioni della costa francese dei somali e della ferrovia di Addis Abeba.

Questo piano però fu aspramente criticato dal governo britannico, soprattutto per l'effetto morale che concessione di questo tipo avrebbero avuto in Francia e in Inghilterra.

L'entrata in guerra dell'Italia

Di fronte a questo posizione, il progetto fu abbandonato prima di essere sottoposto all'Italia. Infine fu deciso il 31 maggio di avviare un'ulteriore offerta di trattative all'Italia, concepita però in termini molto più vaghi. Lo stesso giorno il presidente Roosevelt fece un nuovo passo. Minacciò che l'intervento italiano avrebbe portato autunno aumento della produzione americana di armamenti. Tuttavia questi tentativi non ottennero risultati. Mussolini aveva inviato a Hitler una lettera in cui gli annunciava l'entrata in guerra dell'Italia per il 5 giugno, ma Hitler di risposte domandandogli di ritardare alcuni giorni. Ci si accordò quindi per l'11 giugno. La dichiarazione di guerra fu notificata il 10 giugno all'ambasciatore francese da ciano, che dichiarò che si trattava di un colpo di pugnale inferto ad un uomo in terra.

 

Sebbene il trattato anglo-franco-turco implicasse un intervento di quest'ultimo paese se la guerra si fosse stessa nel Mediterraneo, la Turchia non osò intervenire. Fu nominato ambasciatore ad Ankara sin dall'aprile del 1939 Von Papen per ottenere la neutralità della Turchia. Quest'ultima firmò con la Germania un trattato di non aggressione nel giugno del 1941 e un'importante trattato di commercio nell'ottobre del 1941, ma la Germania non riuscì a portare la Turchia in guerra contro l'Urss.

Negoziati anglo-francesi per l'armistizio

a partire dal 10 giugno, l'esercito francese era sconfitto. Il problema principale era quello di sapere quali sarebbe stato l'atteggiamento dei governi francese e britannico.

Le principali deliberazioni del governo francese ebbero luogo fra il primo e il 16 giugno. Nel frattempo il governo si era installato nella regione di Tours. L'11 giugno ebbe luogo un consiglio supremo inter-alleato. Churchill incontrò l'presidente francese, Weygand, Pétain, de Gaulle. Il generale Weygand reclamò ancora una volta l'intervento di squadriglie inglesi. Ma Churchill rifiutò: era assolutamente necessario mantenere tutte le forze per la difesa della Gran Bretagna. Weygand, a questo punto comprese che l'unica soluzione era l'armistizio. Il problema che si poneva era di sapere se si sarebbe proceduto ad una domanda di armistizio nel quale il governo si sarebbe impegnato, e che avrebbe immobilizzato la flotta e le truppe disponibili nelle colonie e nel nord Africa. Il maresciallo Pétain e Weygand non ammettevano questa seconda soluzione, vietata dal codice francese di giustizia militare. Per costoro il governo doveva rimanere in Francia per difendere il territorio. Al contrario il presidente Reynaud auspicavano la capitolazione dell'esercito e la partenza del governo per l'Africa del nord. Questa soluzione peraltro era la sola conforme al trattato anglo-francese stipulato il 28 marzo del 1940; questo prevedeva che non ci sarebbe stato né armistizio né pace separata. Inoltre questa soluzione avrebbe avvantaggiato l'Inghilterra, perché la flotta francese avrebbe continuato la lotta così come anche le divisioni d'oltremare. Ma ciò presentava un grave pericolo: le divisioni che stanziava no in Africa del Nord erano state trasportate in Francia. Queste erano mediocremente addestrate e male armate. Inoltre gli alleati pur avendo una supremazia sul mare, soprattutto nel Mediterraneo la loro aviazione era quasi inesistente. Ora il generale Franco, almeno in apparenza, era favorevole all'asse. Senza dubbio non avrebbe potuto impedire l'avanzamento delle truppe tedesche in Spagna, per poter sbarcare nell'Africa francese. Si sarebbe potuto prevenire questi invasione occupando il Marocco spagnolo. Ma questo avrebbe trascinato la Spagna in guerra. Questo fu alla base delle esitazioni degli uomini di governo francese.

Gli ultimi consigli supremi intera alleati

Churchill seguitava a mantenere contatti con il governo francese. Quando il 12 giugno al mattino, dovendo ripartire per l'Inghilterra, egli aveva ottenuto dall'ammiraglio Darlan l'assicurazione che la flotta francese non sarebbe mai caduta in mano ai tedeschi. Il presidente francese per altro aveva chiesto a Churchill quale sarebbe stato l'atteggiamento della Gran Bretagna nel caso in cui si verificasse il peggio, ottenendo da quest'ultimo la garanzia che l'Inghilterra avrebbe resistito fino all'ultimo ad Hitler.

A questo punto il presidente francese Raynaud decise di inviare un messaggio al presidente Roosevelt, nel quale si appellava adesso per ottenere tutto l'aiuto possibile il carattere non militare. Roosevelt peraltro gli rispose il 13 giugno incoraggiandolo a continuare la lotta. In un secondo messaggio egli chiedeva esplicitamente agli Stati Uniti un intervento militare mettendoli di fronte alle loro responsabilità per la difesa della civiltà occidentale. Churchill appoggiava in pieno peraltro Paul Raynaud.

Prima di prendere qualsiasi ulteriore decisione il presidente francese attendeva la risposta di Roosevelt.

Questa arrivò il 13 giugno, ma fu piena di simpatie, ma negativa. Il presidente Roosevelt insisteva in maniera pressante affinché la Francia continuasse la sua lotta in Africa del Nord.

Le due note inglesi

l'Inghilterra fece allora due passi successivi. L'ambasciatore inglese consegnò al presidente francese due messaggi. Il primo ricordava che l'accordo stipulato il 28 marzo impegnava tutto il governo francese. L'Inghilterra dava al suo consenso ad una richiesta delle condizioni tedesche di armistizio, solo condizione che la flotta francese fosse immediatamente inviata nei porti britannici. Il secondo reclamava che il governo inglese fosse consultato prima che qualsiasi condizione di armistizio fosse ricevuta. L'Inghilterra mandava l'invio dell'aviazione in Africa del Nord o in Inghilterra, e che le truppe polacche, belliche e cecoslovacche fossero tratte d'impaccio.

Il progetto di unione franco-britannica

queste due note però non furono sottoposte al Consiglio dei Ministri. L'ambasciatore inglese presentò invece un progetto di unione franco-britannica. Questo progetto, discusso da organismi privati sia a Parigi che a Londra, fu lanciato il 14 giugno a Londra. Il gabinetto britannico aveva deliberato su di esso tra il 15 e il 16 giugno. Il generale de Gaulle, arrivato a Londra il 16, lo approvò. Fu lui stesso che telefonò al presidente francese, leggendone il contenuto. La prima reazione di Churchill al testo fu favorevole, tanto che non si oppose.

Si proponeva la creazione di un'unione franco-britannica, laddove non ci sarebbero state più di due nazioni. Sarebbero stati creati degli organismi comuni per la difesa, la politica estera, le finanze degli affari economici. I cittadini francesi avrebbero goduto immediatamente della cittadinanza inglese e viceversa. I due paesi avrebbero condiviso la riparazione dei danni di guerra. Per tutta la durata della guerra ci sarebbe stato un solo gabinetto di guerra dal quale sarebbero dipese tutte le forze militari. I due Parlamento si sarebbero stati associati.

Quanto poteva considerarsi serio questo progetto? Non è facile dirlo. Si sa che se ne discusse, ma il presidente francese Raynauld fini per rassegnare le dimissioni. Il suo successore era il maresciallo Pétain, favorevole ad una domanda immediata di armistizio.

La domanda di armistizio

il maresciallo Pétain costituì il nuovo governo con una lista di fautori dell'armistizio. Per la direzione degli affari esteri scelse Baudouin invece di Laval, che rifiutò di far parte del nuovo governo. Questa scelta era importante perché la Val rappresentava la tendenza della rottura con l'Inghilterra. Infine alle 23:30 un breve Consiglio dei Ministri decise di domandare l'armistizio. A mezzanotte il ministro degli esteri francese convocò l'ambasciatore di Spagna, per chiedere al governo spagnolo di trasmettere il messaggio al governo tedesco. Nel frattempo furono avviati colloqui con gli ambasciatori di Inghilterra e degli Stati Uniti, ai quali il ministro dichiarò che in ogni caso la flotta francese non sarebbe stata consegnata nei tedeschi negli italiani.

Da quel momento i negoziati proseguirono parallelamente: tra la Francia, la Germania e l'Italia, per la conclusione dell'armistizio; tra Francia e la Gran Bretagna, quest'ultimo paese sforzandosi di evitare il peggio.

Le discussioni anglo-francesi

Fin dal 17 giugno Churchill aveva inviato un messaggio personale a Pétain, inviando un caloroso appello perché non consegnassero al nemico la flotta francese. Nel frattempo il 17 giugno dai microfoni della BBC il generale de Gaulle trasmetteva un celebre appello per il proseguimento della lotta. Durante la giornata del 19 giugno si ebbero numerosi incontri del primo Lord dell'ammiragliato inglese con diversi ministri francesi, che ripetutamente confermarono che la flotta non sarebbe caduta in mano dei tedeschi. Ma si rifiutarono in ogni caso di spostare le navi. Tutti tentativi britannici in questo senso furono vani, e quando la sera del 22 giugno il governo britannico ha prese che l'armistizio era stato firmato, richiamò il suo ambasciatore con tutto il personale dell'ambasciata, così come rappresentanti del Canada e del Sudafrica.

Gli inglesi allora si sforzarono di incoraggiare i movimenti di resistenza all'armistizio, in particolare quello del generale de Gaulle. Il 25 giugno il gabinetto di guerra britannico decise di inviare una delegazione in Marocco per prendere contatto con un certo numero di parlamentari che avevano lasciato la Francia il 21 giugno. Era stata predisposta una dichiarazione che istituiva un governo di resistenza. Questo messaggio fu comunicato a Pétain e a Darlan, senza però ottenere alcun risultato.

I negoziati di armistizio

Nel frattempo si svolgevano i negoziati di armistizio. Il governo tedesco aveva ricevuto la domanda francese il 17 giugno nelle prime ore del mattino. Bisognerà attendere il 19 perché l'ambasciatore spagnolo potesse comunicare al governo francese che la Germania era pronta a far conoscere le sue condizioni.

Nel frattempo Hitler aveva voluto conferire con Mussolini. L'incontro ebbe luogo il 18 e il 19 giugno a Monaco. Mussolini era scontento dei risultati ottenuti dalle sue truppe, che non avevano conseguito nessun successo militare. Voleva che fossero applicate delle condizioni estremamente dure alla Francia. Reclamava per l'Italia Nizza, la Corsica e la costa francese dei somali. Voleva inoltre la Tunisia, ingrandita a spese dell'Algeria.

Ma prima di tutto era necessario costringere l'Inghilterra alla pace e quindi impedire alla flotta francese di riunirsi a quelle inglese. Hitler, che aveva del resto assoluta libertà di decisione, era molto più moderato. Mussolini avrebbe voluto un solo armistizio fra la Francia e i due paesi dell'asse. Hitler invece insistette per due armistizi separati.

Il governo francese designò una delegazione, nelle cui istruzioni non era autorizzata a nessun titolo a consegnare la flotta francese.

Il 20 giugno il governo tedesco annunciò via radio che aspettava la delegazione francese al ponte di Tours. I tedeschi non avrebbero occupato questa città fino alla partenza del governo francese.

La delegazione francese penetrò nelle linee tedesche il 20 giugno di sera. Il giorno seguente a Rethondes ebbe luogo una grandiosa cerimonia nel "vagone dell'armistizio" del 1918.

Hitler stesso accolse i negoziatori francesi, rigettando sulla Francia la responsabilità della guerra. Tentò di presentare l'armistizio con un accordo fra soldati leali. Poi si ritirò e lasciò che i generali Keitel e Jodl e si ponessero le condizioni tedesche. Queste pervennero al governo francese il 21 giugno di sera. Ne seguì una riunione immediata del governo. Le condizioni erano dure ma non disonorevoli. Il Consiglio dei Ministri decise di redigere una serie di osservazioni: non occupazione di Parigi; la flotta da guerra sarebbe rimasta di stanza in Africa; sarebbe stato concluso un accordo sui militari stranieri che si trovavano in Francia; modifica della clausola relativa alla consegna dei rifugiati tedeschi in Francia. Il giorno seguente il Consiglio dei Ministri ha prese che tedeschi avevano respinto tutte queste osservazioni. Era solo previsto che la commissione di armistizio avrebbe esaminato la situazione della flotta.

Il Consiglio dei Ministri accettò, per cui la firma dell'armistizio ebbe luogo alle 18 50.

 

L'armistizio con l'Italia

Perché l'armistizio franco-tedesco entrasse in vigore, era necessario che fosse fermato l'armistizio italo-francese. Alcuni speravano che quest'ultimo sarebbe stato inaccettabile e che la Francia sarebbe stata così costretta a continuare la guerra.

I negoziatori arrivarono a Roma il 23 giugno. L'armistizio fu firmato nel tardo pomeriggio, per cui i due armistizi entrarono in vigore sei ore dopo, dopo che il governo tedesco fosse stato informato dell'avvenuta firma dell'armistizio con l'Italia.

Clausole dell'armistizio

quali erano le clausole di questi due armistizi? L'armistizio franco-tedesco era di gran lunga il più importante. Veniva creata una zona occupata, lungo tutta la costa dell'Atlantico. Il governo avrebbe potuto risiedere nella zona occupata o Parigi. Nella zona occupata, i tedeschi avrebbero avuto i diritti della potenza occupante. Nessun aereo, che equipaggiamento con nave sarebbe potuta essere trasferita in Inghilterra o all'estero. I prigionieri francesi sarebbero stati prigionieri fino alla pace, mentre quelli tedeschi sarebbero stati immediatamente restituiti. Il governo francese era obbligato a consegnare su richiesta della Germania tutti i rifugiati tedeschi.

Per la flotta gli articoli della convenzione erano poco rassicuranti dell'Inghilterra. Una parte di essa sarebbe rimasta a disposizione del governo francese per la salvaguardia dell'impero coloniale. L'altra parte sarebbe stata riunita in porti da indicare e avrebbe dovuto essere disarmata, sotto il controllo della Germania dell'Italia.

Il governo tedesco dichiarava solennemente di non aver intenzione di impiegare durante la guerra e per i suoi fini la flotta da guerra francese. Tutte le navi e certo quelle che avrebbero difeso l'impero, sarebbero state richiamate in Francia. Inoltre la clausola per la sorveglianza dei coste avrebbe permesso ai tedeschi di impadronirsene con un simulacro giuridico di tutte le navi.

Era previsto peraltro che il governo tedesco avrebbe potuto denunciare in ogni momento la convenzione di armistizio.

Quanto all'armistizio con l'Italia, esso non aggiungeva granché a queste clausole: veniva smilitarizzata una zona di 50 km lungo la frontiera italo francese. All'Italia veniva concesso il diritto di utilizzo del porto di tributi e della ferrovia di Addis Abeba.

Furono create delle commissioni di armistizio tedesche di italiane per assicurare l'esecuzione dei due accordi.

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